venerdì 29 settembre 2017

NOUS SOMMES SAINT MICHEL


Potrebbe risultare un po’ altisonante, dopo decenni di riferimenti ai vari Samvise Gamgee, Grisù o Atreju, passando per il Piccolo Principe, riscoprire il sacro e andare a riconoscersi niente di meno che nell’arcangelo guerriero. Del resto ogni identità è figlia del suo tempo. Tutto sta nel saper interpretare i tempi.

TEMPI
Già questa è una presa di coscienza importante: abbandonare la visione aoristica della storia in cui troppo spesso piace perderci, operando quello sforzo logico che fissi la scelta giusta al momento giusto, per raggiungere la massa critica. Capire questo è fondamentale, necessario ma anche qui non sufficiente. Dopo essersi ricordati come si legge, bisogna cominciare a scrivere.
Ci sta stretti essere banali attori di questa messa in scena; vogliamo essere protagonisti e ci fa anche schifo il copione. Solo ribaltando le carte sappiamo stare a nostro agio nel macrocosmo che ci circonda. L’unica maniera spontanea e disinteressata in cui sappiamo vivere è quella di dominare i fenomeni, essere guida. Non ci basta una semplice etichetta. 
IDENTITA'
“MI CHA EL – chi come Dio?” testimone della via eroica, mito e aspirazione.
In breve dall’Apocalisse di S. Giovanni: tra i primi Prìncipi del Cielo, mentre il demonio ormai insidia il Regno dei Cieli, guida il popolo di Dio nella decisiva battaglia finale, volgendo le sorti della guerra [Ap 12, 7-12]. Precipiterà Satana e gli altri angeli traditori sulla terra, anticipando la definitiva discesa in campo degli eserciti guidati dal Re dei Re, che sbaraglieranno la bestia, insieme al falso profeta (l’anticristo) e i suoi segnati, perché siano relegati nell’abisso per mille anni e quindi di nuovo farli divorare dal fuoco disceso dal cielo nei secoli dei secoli [Ap 20, 7-10]. Solo allora potranno celebrarsi le nozze tra l’Agnello e la Gerusalemme purificata, là dove Dio potrà dimorare finalmente tra gli uomini [Ap 21, 3-9]. 
Non male… potrebbe essere un modello.
Risparmiamoci le possibili analisi escatologiche o altri paroloni. L’arcangelo Michele è così: non lo sceglie, pone al servizio della verità la sua spada, ha questa missione. Nemmeno noi abbiamo scelto la nostra. È pura ontologia, l’alternativa infame che ci si pone davanti è di non essere più noi. 
VOCAZIONE
Orgogliosi di quello che siamo, miriamo ad essere lo strumento di qualcosa di più grande. Vogliamo essere un ponte. È la comune aspirazione fondamentale che ci unisce, consacrandoci come comunità. L’armonia del nostro essere comunità ci permette di ambire quelle altezze che nessun individuo da solo potrebbe lontanamente immaginare. Senza questa abnegazione solidale, che è insieme un atto di fede, trionferebbe la disgregazione delle tenebre.
Le Apocalissi infatti non narrano la storia, bensì l’avvenire. Stiamo scrivendo il nostro, che sarà fulgido e di vittoria. È la rivoluzione che viviamo ogni giorno con rabbia e con amore. Teleologia verticale, continua tensione spirituale verso un punto, un ordine sacro: la politica come vocazione regale, come arte della sovranità. 
Ci doniamo all’idea in cui crediamo e per cui lottiamo. Noi stessi incarniamo essenzialmente l’idea.
Il domani appartiene a noi.

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