venerdì 5 aprile 2013

“Nessun golpe, l’Ungheria vuole solo tutelare le sue tradizioni”. Intervista a Claudia Leporatti



Ilfarosulmondo.it

“Golpe bianco” è il termine comodo, di pronto uso, a cui parte della stampa nostrana fa ricorso per etichettare le politiche di Viktor Orbán, primo ministro conservatore dell’Ungheria. In nome di non meglio precisati “valori europei”, si mette così al bando il tentativo di tutelare l’interesse nazionale sopra a ogni prescrizione o ingerenza provenienti da Bruxelles e da Wall Street.
Le semplificazioni dovute all’ostracismo dei media però possono distorcere la realtà dei fatti, fornendo all’opinione pubblica un’immagine del Paese magiaro e del suo Governo caricaturale, pertanto inaccettabile.
È per questo, per ricavare un’opinione competente e non viziata dal pregiudizio, che abbiamo contattato Claudia Leporatti, una nostra connazionale che vive e lavora a Budapest, dove si occupa di comunicazione aziendale e della testata italiana Economia.hu, dedicata all’economia ungherese.
Gran parte dei mezzi d’informazione occidentali annunciano con toni allarmistici le modifiche costituzionali operate dal Governo ungherese, arrivando persino a parlare di “golpe bianco”. La situazione, analizzata dall’interno, è davvero così aderente a certe rappresentazioni mediatiche?
Quello che mi stupisce è lo stupore, il “gridare” al colpo di Stato. Mi pare che Orbán sia stato molto chiaro fin dall’inizio del suo mandato, nel 2010, su quali fossero le sue intenzioni. Una nuova Costituzione, un potere forte, la protezione delle tradizioni e degli interessi locali. Quello che ha ottenuto la maggioranza dei due terzi dei seggi alle politiche di tre anni fa è un esecutivo conservatore e protezionista, che quando decide di effettuare una modifica la fa, a costo di doverla far accettare come misura transitoria per poi introdurla modificando la Carta Fondamentale. Questo è di fatto quello che è successo con questo quarto emendamento alla Costituzione entrata in vigore nel 2012.
Soprattutto, in nome del pluralismo dell’informazione, viene messa all’indice la legge sui media. Chi meglio di te, che svolgi la professione di giornalista in Ungheria, può dirci se realmente questa legge costituisce un “bavaglio di regime” nei confronti della stampa…
Posto che l’attenzione sulla tutela della libertà di stampa è molto importante e deve essere tenuta alta, noto che la critica e la satira su Orbán sono pubblicate senza ostacoli. Nelle edicole e nei manifesti di Budapest si vedono vignette di tutti i tipi, molte delle quali ridicolizzano i membri del Governo, non credo che i vignettisti, i comici e nemmeno i giornalisti debbano emigrare. Mi è successo di scrivere articoli contro alcune scelte di Orbán e non ho ricevuto nessun tipo di contestazione, eppure so per certo che quello che scrivo viene letto dal Governo, che ha del personale dedicato e poliglotta.
Ma del resto anche in Italia si parlava di mancanza di libertà sotto Berlusconi, nonostante ci siano stimati giornalisti che vivono della critica contro l’ex premier. Ribadisco comunque, da giornalista e amante della scrittura, che mi rallegro di vedere monitorata la libertà di espressione. Ci sono d’altronde delle disposizioni nella tanto contestata legge sui media che danno ragione dei timori europei: mi sembra assurdo che a una radio, ad esempio, sia imposta una certa percentuale di musica magiara. E se un canale volesse dedicarsi al rock americano? Dove sarebbe il problema?
Eppure anche in Francia, sin dal 1994, senza che ciò abbia mai provocato alcun “timore europeo”, esiste una legge che richiama le emittenti a un obbligo simile, per tutelare la musica nazionale…
Interessante, comunque, non avevo idea che ci fossero assurdità simili anche in altri Paesi!
Secondo la tua percezione, la società civile ungherese come sta vivendo l’ostracismo che i media europei esprimono nei confronti del Governo Orbán? Il consenso nei suoi confronti è calato? Cosa prevedi per le elezioni del prossimo anno?
Orbán è stato eletto con una vasta maggioranza e stando ai sondaggi può dormire sonni tranquilli. Con mosse relativamente semplici come abbassare le tariffe delle bollette, inoltre, ottiene rilevanti picchi di consenso. Ci sono comunque anche degli strenui oppositori e centinaia di delusi, che lo hanno votato e non ripeteranno la stessa scelta. La vittoria è altamente probabile, secondo molti quasi certa e in effetti è difficile pensare che questo Governo abbia passato certe leggi che ne amplificano il potere se nutrisse il dubbio di poter essere sconfitto nel 2014.
Il più accreditato sfidante di Orbán, Gordon Bajnai, è un politico apprezzato dai mercati, rappresentante della cosiddetta “tecnocrazia”. Credi che questo possa penalizzarlo? Com’è vista la Troika in Ungheria?
Bajnai, già primo ministro tra il 2009 e il 2010 alla guida del Governo tecnico instaurato dopo le dimissioni di Ferenc Gyurcsány, è un economista giovane e competente e personalmente penso che sia una figura molto positiva, che ha le cartucce per organizzare un “restauro” di un’opposizione al momento troppo frammentata per costruire un solido consenso. Quello che penso lo penalizzi sia il fatto di non essere un politico e di avere alle spalle una squadra di validi esperti che come lui non sono però dei politici.
Sinceramente non ho rilevato un’opinione comune degli ungheresi verso la Troika, che nel 2008 ha salvato il Paese nel momento più acuto della crisi economica. Posso dire che non penso che sia questo legame a mettere i bastoni tra le ruote a Bajnai. Bisognerà semmai vedere se il futuro candidato saprà venire a patti con il resto dell’opposizione e creare una coalizione in grado di offrire un’alternativa concreta e in grado di governare. Il tempo non è molto, ma mi risulta che il nuovo partito “Insieme per il 2014” si stia dando da fare per farsi conoscere, anche nei centri minori.
È notizia di questi giorni la nazionalizzazione della compravendita di gas in Ungheria. Questa operazione rivela la volontà, più volte espressa pubblicamente da Viktor Orbán, di rafforzare i legami con il colosso del gas, Gazprom, e dunque con la Russia. In ragione dei problemi tra Ungheria e Unione europea, pensi che un’apertura ad est possa rappresentare un viatico proficuo per il Paese magiaro?


di Federico Cenci


Non posso prevedere se sarà o meno proficuo, posso dire con certezza che è questa la linea scelta dal Governo di Orbán, confermata in più occasioni e da diversi esponenti dell’esecutivo. Russia, ma anche Cina, Caucaso e Paesi arabi. Stati dove l’Ungheria si sta inserendo aprendo le sue “trading house” e con cui intende attuare le esportazioni, puntando sul suo manifatturiero.

Europa dei popoli o delle banche? 12 Aprile ore 18


Vecchi nemici e nuove speranze in Siria


Raid Americani in Provincia di Palermo


Da Espresso.Repubblica.it


Militari americani di stanza nell'isola si divertono a girare a bassa quota con gli elicotteri nelle campagne attorno a Palermo: poi atterrano, fanno esercitazioni in assetto di guerra nei campi e se ne ripartono. A volte anche di notte(03 aprile 2013)I BlackHawk americani sono apparsi per la prima volta a fine settembre. Una lunga formazione di nove elicotteri scuri che hanno sfiorato a tutta la velocità le campagne alle porte di Corleone. I contadini li hanno osservati volare via in direzione di Contessa Entellina, sempre in provincia di Palermo, lasciandosi alle spalle il suono cupo dei rotori. Non sapevano che quel raid improvviso era solo la prova generale dei giochi di guerra nei cieli della Sicilia.

A fine ottobre la scena si è ripetuta. Questa volta un elicottero è sceso a terra. Le foto lo identificano come un velivolo delle forze speciali, con mitragliatrici sulle fiancate e sistemi elettronici d'avanguardia. E anche i marines sbarcati al suolo avevano l'equipaggiamento dei commandos: dovrebbe trattarsi di una squadra del combat rescue, le truppe scelte che devono penetrare dietro le linee nemiche per soccorrere i piloti abbattuti. Come fecero in Bosnia nel 1995 salvando il capitano Scott o' Grady, nascosto nei boschi per sfuggire ai miliziani serbi. I contadini di Contessa Ezzellina hanno accolto quella pattuglia calata dal cielo con abbracci e sorrisi: anche i marines con visori infrarossi sugli elemetti si sono messi in posa per una foto ricordo. Poi sono tornati a bordo e decollati a tutta velocità.

Ma dopo il primo contatto amichevole, da ottobre ad oggi le cose sono cambiate. La frequenza degli atterraggi a Contessa Entellina si è intensificata, fino a diventare da febbraio quasi un appuntamento settimanale. Vengono descritte come esercitazioni di combattimento, con le formazioni di elicotteri che arrivano al calar del sole e sbarcano le squadre d'assalto sul terreno. Poi, in genere dopo due-quattro ore, i BlackHawk tornano a recuperare i commandos.

Spesso gli americani piazzano sul terreno anche strumenti elettronici: forse apparati di trasmissione o sistemi di misurazione, che vengono smontati prima di ripartire. Il tutto sopra poderi seminati a grano, non in un poligono desertico o in una base statunitense.

In un paio di occasioni, lo sbarco in Sicilia è avvenuto a notte fonda, gettando nel panico le popolazioni che vivono in quei territori agricoli. Dopo il frastuono delle pale dell'atterraggio, la scena raccontata da chi ha seguito le fasi della missione notturna è quella di un action movie, con lucine azzurrognole (presumibilmente dei visori o dei faretti istallati sulle armi dei militari) a mezz'aria che si muovono in velocità a zig zag verso immaginari obiettivi. L'ultima missione a Contessa Entellina si è tenuta proprio alla vigilia di Pasqua. Questa volta, secondo il racconto dei presenti, dall'elicottero non sono scesi soltanto i commandos, ma anche un signore in abiti civile che per oltre tre ore è rimasto indaffarato con le sue misurazioni.

Anche le dinamiche sono cambiate: non ci sono più contatti con la popolazione locale. «Qualche volta ho cercato nuovamente di avvicinarmi a loro per chiedere il perché della loro presenza ?€“ spiega G.S., un contadino della zona ?€“ e al loro primo atterraggio abbiamo parlato. Non ho capito granché perché non conosco quasi per nulla l'inglese. Ma dopo quel primo atterraggio, hanno sempre evitato incontri con i civili. Se si accorgevano di una presenza, salivano in cielo per pochi minuti e spostavano di qualche centinaio di metri il loro punto di sbarco».

Chi ha autorizzato queste missioni militari in zone abitate? Si tratta di semplici esercitazioni o i raid degli elicotteri hanno anche altre finalità? Alcuni degli abitanti fanno notare come le misteriose operazioni in provincia di Palermo si siano intensificate proprio con l'aumentare delle polemiche tra il governo regionale e i vertici dell'Us Navy della grande base di Sigonella, da dove probabilmente decollano questi stormi. Un confronto quello tra la giunta Crocetta e l'amministrazione statunitense sfociato nella decisione di revocare le autorizzazioni regionali al cantiere del Muos, il sistema di comunicazioni satellitare fondamentale per i piani futuri del Pentagono. Solo una suggestione, tra le tante ispirate dall'enigma degli assalti aerei nelle campagne della Sicilia più profonda.

giovedì 4 aprile 2013

Liberiamoli


Ungheria, la svolta rivoluzionaria


da azionetradizionale.com

Nonostante i suoi 48 anni Orbán è l’unico reduce dei movimenti di opposizioni anticomunisti degli anni Ottanta ancora in attività, ma soprattutto l’unico politico est-europeo che osa ancora opporsi all’idea di un’Europa 
post-comunista trasformata in gigantesca piattaforma commerciale al servizio della locomotiva tedesca. La formazione culturale e politica del primo ministro ungherese riflette la complessità del personaggio. Nato nel 1963 in una famiglia della tipica piccola borghesia di provincia, integrata e per nulla ostile al regime comunista, Orbán diventa un oppositore durante il servizio militare, compiuto nel 1981-82, negli anni plumbei della “piccola guerra fredda”, quando l’esercito ungherese, nonostante il paese soffra un pesante crisi di liquidità che lo porterà a un passo dalla bancarotta, continua a esercitarsi sull’ attacco al “nemico principale”, l’Italia. L’ottusità ideologica dei superiori e l’insensatezza della routine militare spingono il giovane Orbán a una rivolta generazionale ed esistenziale, prima ancora che politica.
Orbán e al suo movimento hanno un so che molto accattivante e paradossalmente rivoluzionario, i cui militanti non possono avere per statuto più di 35 anni e che viene considerato dalla “buona società” budapestina l’ala scanzonata della più rispettabile Alleanza dei democratici liberi (Szdsz), il partito dei dissidenti famosi in Occidente, da Gábor Demszky a György Konrád, da János Kis a Gáspár Miklós Tamás. Entrambi i partiti si collocano su una piattaforma ideologica confusa quanto accattivante: anticomunismo e filo-occidentalismo, sensibilità ai temi sociali ma liberismo economico, attenzione ai diritti umani e alle minoranze.
Orbán in un’epoca nella quale proprio a Bruxelles gli Stati membri difendono senza pietà i propri interessi nazionali.gode di una fama così negativa al di fuori dell’Ungheria? Il motivo di fondo sta nella diffusa ostilità pubblica (in privato molti politici europei concordano ma preferiscono non esporsi) ai postulati ideologici della sua svolta conservatrice, dall’impegno per le comunità ungheresi d’oltreconfine alla centralità della visione cristiana nei rapporti sociali, dalla difesa e promozione della famiglia tradizionale alla critica del relativismo culturale liberale.
La scelta del premier di centrodestra magiaro scatena l’ira della stampa internazionale e dell’Unione europea. L’Ungheria non piace all’Europa. E il sentimento sembra essere reciproco. Il premier Viktor Orban pensa più al proprio popolo, piuttosto che ai vertici dell’Unione europea. E questo non piace a Bruxelles. L’ultima eclatante e, secondo alcuni, “oltraggiosa” mossa attuata dall’amministrazione del leader del partito di centrodestra, Fidesz, è stata quella di nominare un nuovo Governatore per la Banca Centrale Ungherese (Mnb). Il suo nome è Győrgy Matolcsy, Ministro dell’Economia. E’ Orban stesso ad annunciare la nomina, tramite i microfoni di Kossuth Radio. Il Wall Street Journal aveva già ipotizzato da tempo che potesse avvenire questo stravolgimento all’interno dell’Ue, tanto che aveva intervistato Matolcsy sulle sue intenzioni.“La Banca centrale e il Governo dovrebbero cooperare tra loro” aveva risposto ad una delle tante domande l’ex Ministro dell’Economia.
Ovviamente, la scelta ha fatto adirare la stampa europea. “La Repubblica” definisce il gesto del premier magiaro come “una gravissima sfida ai princìpi del mondo libero e delle istituzioni economiche e finanziarie, dalla Banca Centrale europea al Fondo Monetario Internazionale”. C’era da aspettarselo. Nessuno in Europa vede di buon occhio i tentativi di nazionalizzazione bancaria, che Orban da tempo sta tentando di mettere in atto. E tutti hanno già cominciato a scalciare, strepitare e battere i piedi per terra. Ma, fino a prova contraria, l’Ungheria è uno Stato sovrano e il suo Governo è stato eletto liberamente e democraticamente dal popolo, che ad oggi ancora si rivela dalla sua parte. Tra l’altro, anche il Giappone sta attuando le stesse politiche del premier magiaro. Sempre secondo “La Repubblica”, Matolcsy prende il posto di Andras Simor, banchiere apprezzato da personaggi come Mario Draghi e dal Governatore della americana Fed, Bernanke, oltre che da vari capi di Stato, come Angela Merkel ed Obama. Insomma, un uomo di cui i nostri paesi si dovrebbero vantare. Ma ad Orban questo non interessa. D’altronde c’è un limite al volere della Germania, degli Usa o della troika. E il premier magiaro non è neanche molto incline a rispettare le direttive europee, dato che da quando si è insediato sia la stampa internazionale, sia il mondo delle istituzioni occidentali, non hanno fatto altro che dargli addosso.Insomma, l’inserimento di Matolcsy ha acquisito un sapore di nazionalizzazione che non piace a Bruxelles. Ma il nuovo governatore della Magyar Nemetzi Bank ha già dato dimostrazione di essere la persona giusta per questo compito. Sempre nell’intervista rilasciata al Wall Street Journal, alla domanda sulle politiche finanziarie europee, ha dichiarato che è un errore iniettare denaro nel sistema bancario a basso costo dalla Bce, a meno che non ci sia un fine specifico. Praticamente, si tratterebbe indirizzare i finanziamenti su obiettivi ben determinati. Insomma, quello che hanno detto anche alcuni personaggi qui da noi, in Italia. Attuare una sorta di “spending review”, ovvero ridistribuire i fondi europei con una maggiore specificità. Ma a questo “La Repubblica” non ha fatto caso. Per qualche strana ragione, non si è fatto caso a quando Mario Monti “consigliò” i nomi di Luigi Gubitosi e Anna Maria Tarantola per la dirigenza della Rai. Ma quando si parla di Ungheria si devono seguire le direttive europee. E su chi le sfida il colpo di martello deve cadere con maggiore violenza.
figurano la limitazione dei poteri della magistratura, della libertà di stampa e dell’autonomia finanziaria delle università. Il pacchetto comporta anche la potenziale “criminalizzazione” dei senzatetto, prevede che le chiese debbano collaborare con lo stato, blinda la natura eterosessuale del matrimonio e impone – sempre in via potenziale – ai laureati che hanno ottenuto borse di studio di lavorare in Ungheria per un determinato periodo di tempo.
La stampa estera denuncia quasi all’unisono queste misure. Mentre il ministro degli esteri Janos Martonyi,che ha appena inviato una lettera a tutti gli omologhi europei, tende a rassicurare e sottolinea l’eccessivo baccano mediatico. A Budapest c’è chi è sceso o scenderà in piazza contro Orban e prenderà invece le sue difese. Bianco e nero, buoni e cattivi. L’Ungheria continua a dividere e a dividersi.
E’ sempre più evidente che gli obiettivi della BCE e della commissione europea, che ha il potere esecutivo vero e proprio (mentre il parlamento europeo è soltanto un organo consultivo, senza potere legislativo), divergono sempre di più dalla Volontà Sovrana del Popolo e l’Ungheria ci da l’esempio, mettendo la propria banca centrale sotto controllo diretto del governo.
Tra le altre modifiche introdotte:
Si parte con la Corte Costituzionale, il cui potere di controllo sulle leggi approvate in Parlamento viene fortemente limitato. In pratica non potrà più discutere sui contenuti, ma solo sulla forma. Isupremi giudici magiari inoltre non potranno più fare riferimento alle sentenze emesse in passato: un azzerramento della giurisprudenza costituzionale.
Viene ridotta la possibilità per i partiti politici di fare campagna elettorale attraverso i media nazionali, mentre per i singoli cittadini potrà essere ulteriormente limitata qualora dovesse ledere la “dignità della nazione ungherese”. Vietati i dibattiti elettorali su radio e televisioni private.Se i clochard saranno trovati a dormire per strada saranno perseguiti penalmente. In oltre Orban ha introdotto una ordinanza secondo la quale, chi ha ricevuto durante i suoi studi sostegni da parte del governo non potrà abbandonare il paese per gli stessi anni della durata degli stessi. Questa è un’operazione atta a preservare e incrementare la forza lavoro, che solo i giovani laureati posso dare. Nient’altro che investire sul futuro del paese.
Una costituzione che rimette al centro la famiglia, che ridona sovranità alla nazione, che limita i poteri della finanza, che difende la propria terra dalla speculazione internazionale e dall’invasore straniero.
L’Ungheria di Viktor Orban fa paura. Fa paura ai vertici della finanza internazionale, ai burattini di Bruxelles, ai paladini della libertà e della democrazia.