domenica 29 gennaio 2012

"ACAB" non è il film che cercate. La recensione.


Il film è tratto dal libro di Carlo Bonini, al centro di moltissime polemiche dal giorno della sua uscita.
L'interesse e le discussioni sulla "morale" del film, stanno alzando molta polvere.
Certamente tutto questo parlare sta giovando agli incassi della pellicola di Sollima che non sarà affato scontento di questo vociferare. E' facile immaginare che, chi ha deciso di produrre questa pellicola, sapeva già in precedenza quale scandalo avrebbe creato, ma al cinema, come in televisione, le situazioni come queste portano share, incassi.

L'uscita di "A.C.A.B." nelle sale cinematografiche ha fatto esplodere molte polemiche.
C'è chi lo ha definito troppo severo nei confronti del ruolo delle forze dell'ordine e chi crede abbia reso troppo coraggiosa la figura degli uomini in divisa.

Ciò che non è piaciuto del film è sicuramente la forzata caricatura dei poliziotti che amano e adorano i simboli e i concetti della fascisteria da bar.
Il disprezzo per gli immigrati, uno pseudo patriottismo e la continua messa a fuoco di simboli riconducibili all'ambiente della destra fanno sbilanciare il film sul genere fantasy trash tanto che, per un attimo, sembra di vedere "Teste rasate" di Gianmarco Tognazzi e quasi ci si pente di aver speso i sudati 8 euro. La punta dell'Iceberg si tocca quando, in una scena all'interno della caserma, appare un murales col dipinto dei legionari romani sulla roccia che, invece delle insegne imperiali,  indossano gli scudi e i caschi della celere italiana. Roba da Chiambretti night.
Si intervallano, nei 121 minuti, situazioni che riportano alla realtà e raccontano alcune tragiche storie dei nostri tempi: l'uccisione di Gabriele Sandri, gli scontri fuori dall'olimpico dopo la notizia dell'omicidio, gli eventi di Catania dove viene colpito Filippo Raciti e i continui riferimenti alla "macelleria messicana" del g8, nella scuola Marescallo Diaz di Genova.
Purtroppo l'estrema semplicità dei racconti non rende giustizia alla storia e soprattutto alla realtà.
Come mai in tutto il film la celere si scontra continuamente con teppisti da stadio che vagano tra lo skinhead anni '80 e la comune delinquenza, tralasciando il fatto che nel 70 % dei casi in cui avvengono disordini essi sono causati dalle frange della sinistra estrema? Niente... nonostante lo urlino ai 4 venti e facciano di tutto per sembrari i più cattivi, i compagni, non li prende sul serio nessuno.
Altra nota negativa per il film che, anche qui, pecca di non originalità è il "ritorno alla realtà" con la figura di un candidato consigliere comunale, che durante la campagna elettorale per Alemanno, promette più sicurezza e più diritti per i cittadini romani, dando la sua parola a Spina, giovane recluta, che se avessero vinto le elezioni, avrebbero dato casa alla madre, cacciando via gli immigrati che la occupavano illegalmente.  I riferimenti a simboli e persone non sono assolutamente casuali ed il messaggio sembra essere abbastanza chiaro: a Roma la destra ha vinto puntando sulla questione sicurezza. Una lettura faziosa che non rende giustizia ad un evento storico come la presa del campidoglio, una lettura "cinematografica", molto pop, tanto che potremmo enunciare decine di film dove viene disegnato il candidato a sindaco "giustiziere" paladino dei diritti dei residenti! Una scena vista troppe volte.

Ottima invece sono le performance degli attori, fermo restando che non avevamo dubbi, in quanto, metà del cast proviene dalla serie sky di romanzo criminale. Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Filippo Nigro hanno dimostrato che al cinema naturalezza e capacità possono andare di pari passo.
Nonostante le critiche, possiamo dire che le ottime capacità artistiche del regista Sollima, trattengono lo spettatore sul seggiolino: gli intrecci delle storie, il cima di suspence e l'adrenalina emanata nelle scene di violenza (anche grazie ad una azzeccata scelta della musica) rendono la pellicola degna di essere vista.

Se cercate un film documentario che racconti la realtà con gli occhi di un poliziotto o quelli di un "nemico" della celere non andate a vedere A.C.A.B, non è quello che cercate.
Se amate la serie "Romanzo criminale" e vi piace vedere la realtà mischiata alla fantasia assieme ad un sacco di botte e di sangue, A.C.A.B. è il film che fa per voi.

4 commenti:

  1. Non sono per niente d'accordo,il film è molto bello... detto da uno che ci lavora nel Reparto Mobile.

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  2. Non mettiamo in discussione la qualità del film ma la trasformazione della realtà. Se è vero che Sollima è un regista iper realista, perchè racconta di "moschee occupate", di elezioni vinte grazie all'odio verso gli immigrati, di disordini causati sempre dalla stessa gente?

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  3. francamente quello che conta di un film è che sia bello o meno. L'aderenza alla realtà è un fatto del tutto secondario, irrilevante direi.
    Anzi un film non deve raccontare la realtà, un film deve suscitare emozioni, dare piacere a chi lo guarda.Punto e basta.
    I dibattiti sociologici o politici sono importanti ma non competono al cinema o all'arte in genere. Infatti è solo nei regimi totalitari che il cinema è l'arte vengono usati per propagandare le idee, per il semplice fatto che l'arte ha il potere di rendere vero cio' che è falso...dunque mai pretendere dal cinema che racconti "verità", il cinema deve dare emozioni, deve veicolare la bellezza e la creatività, è pura contemplazione disinteressata.
    In conclusione: il film è bello, merita giudizi positivi e tutto il resto sono chiacchiere.

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    1. Assolutamente d'accordo sul fatto che, un film, va giudicato su canoni esclusivamente artistici ma in questo caso parliamo di un argomento differente: Il film inserisce molte situazioni reali, le racconta, ed implicitamente esprime una posizione, d'altronde sarebbe impossibile rimanere neutrali raccontando una situazione realmente accaduta. Per questo, il film, non assume un aspetto esclusivamente artistico ma anche "politico" o meglio "sociale". Lo stesso Sollima ha dichiarato che voleva trattare un argomento troppo spesso rimasto nel dimenticatoio perchè eccessivamente delicato.

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