domenica 29 gennaio 2012

"ACAB" non è il film che cercate. La recensione.


Il film è tratto dal libro di Carlo Bonini, al centro di moltissime polemiche dal giorno della sua uscita.
L'interesse e le discussioni sulla "morale" del film, stanno alzando molta polvere.
Certamente tutto questo parlare sta giovando agli incassi della pellicola di Sollima che non sarà affato scontento di questo vociferare. E' facile immaginare che, chi ha deciso di produrre questa pellicola, sapeva già in precedenza quale scandalo avrebbe creato, ma al cinema, come in televisione, le situazioni come queste portano share, incassi.

L'uscita di "A.C.A.B." nelle sale cinematografiche ha fatto esplodere molte polemiche.
C'è chi lo ha definito troppo severo nei confronti del ruolo delle forze dell'ordine e chi crede abbia reso troppo coraggiosa la figura degli uomini in divisa.

Ciò che non è piaciuto del film è sicuramente la forzata caricatura dei poliziotti che amano e adorano i simboli e i concetti della fascisteria da bar.
Il disprezzo per gli immigrati, uno pseudo patriottismo e la continua messa a fuoco di simboli riconducibili all'ambiente della destra fanno sbilanciare il film sul genere fantasy trash tanto che, per un attimo, sembra di vedere "Teste rasate" di Gianmarco Tognazzi e quasi ci si pente di aver speso i sudati 8 euro. La punta dell'Iceberg si tocca quando, in una scena all'interno della caserma, appare un murales col dipinto dei legionari romani sulla roccia che, invece delle insegne imperiali,  indossano gli scudi e i caschi della celere italiana. Roba da Chiambretti night.
Si intervallano, nei 121 minuti, situazioni che riportano alla realtà e raccontano alcune tragiche storie dei nostri tempi: l'uccisione di Gabriele Sandri, gli scontri fuori dall'olimpico dopo la notizia dell'omicidio, gli eventi di Catania dove viene colpito Filippo Raciti e i continui riferimenti alla "macelleria messicana" del g8, nella scuola Marescallo Diaz di Genova.
Purtroppo l'estrema semplicità dei racconti non rende giustizia alla storia e soprattutto alla realtà.
Come mai in tutto il film la celere si scontra continuamente con teppisti da stadio che vagano tra lo skinhead anni '80 e la comune delinquenza, tralasciando il fatto che nel 70 % dei casi in cui avvengono disordini essi sono causati dalle frange della sinistra estrema? Niente... nonostante lo urlino ai 4 venti e facciano di tutto per sembrari i più cattivi, i compagni, non li prende sul serio nessuno.
Altra nota negativa per il film che, anche qui, pecca di non originalità è il "ritorno alla realtà" con la figura di un candidato consigliere comunale, che durante la campagna elettorale per Alemanno, promette più sicurezza e più diritti per i cittadini romani, dando la sua parola a Spina, giovane recluta, che se avessero vinto le elezioni, avrebbero dato casa alla madre, cacciando via gli immigrati che la occupavano illegalmente.  I riferimenti a simboli e persone non sono assolutamente casuali ed il messaggio sembra essere abbastanza chiaro: a Roma la destra ha vinto puntando sulla questione sicurezza. Una lettura faziosa che non rende giustizia ad un evento storico come la presa del campidoglio, una lettura "cinematografica", molto pop, tanto che potremmo enunciare decine di film dove viene disegnato il candidato a sindaco "giustiziere" paladino dei diritti dei residenti! Una scena vista troppe volte.

Ottima invece sono le performance degli attori, fermo restando che non avevamo dubbi, in quanto, metà del cast proviene dalla serie sky di romanzo criminale. Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Filippo Nigro hanno dimostrato che al cinema naturalezza e capacità possono andare di pari passo.
Nonostante le critiche, possiamo dire che le ottime capacità artistiche del regista Sollima, trattengono lo spettatore sul seggiolino: gli intrecci delle storie, il cima di suspence e l'adrenalina emanata nelle scene di violenza (anche grazie ad una azzeccata scelta della musica) rendono la pellicola degna di essere vista.

Se cercate un film documentario che racconti la realtà con gli occhi di un poliziotto o quelli di un "nemico" della celere non andate a vedere A.C.A.B, non è quello che cercate.
Se amate la serie "Romanzo criminale" e vi piace vedere la realtà mischiata alla fantasia assieme ad un sacco di botte e di sangue, A.C.A.B. è il film che fa per voi.

Rulli di tamburo suonano!



Centrostudilaruna.it
Di Michele Fabbri

Le anime belle che predicano la correttezza politica e che ostentano una sollecita premura verso le popolazioni del terzo mondo dimenticano che anche nel cuore della vecchia Europa ci sono state storie di razzismo, di discriminazione, di violenza e di prevaricazione.

Il più clamoroso di questi casi è quello dell’Irlanda, che ha subito secoli di invasione inglese, con qualche strascico che è arrivato ai giorni nostri.

Il giornalista Riccardo Michelucci ha scritto il libro Storia del conflitto anglo-irlandese, che è l’opera più completa e aggiornata sul tema in lingua italiana.

Il saggio ripercorre la storia irlandese a partire dall’Alto Medioevo: fino al XII secolo l’Irlanda era divisa in piccoli regni tribali tenuti assieme da una forma primordiale di federalismo, poi nel 1155 un esercito anglo-normanno invade l’isola col beneplacito del papa Adriano IV (l’unico papa inglese della storia).

L’ecclesiastico gallese Giraldo Cambrense nel 1188 scrive due opere: Topographia Hibernica e Expugnatio Hibernica, che devono fornire un supporto ideologico all’invasione inglese. In questi testi gli Irlandesi venivano descritti come una popolazione rozza e primitiva che doveva essere civilizzata. In realtà le antiche leggi irlandesi mostrano una civiltà decisamente avanzata, che promuoveva gli studi intellettuali e che metteva al bando le pene corporali per sostituirle con ammende pecuniarie, ma la forza stava dalla parte degli Inglesi e nel corso del Medioevo la presenza inglese si consolida progressivamente. Nel 1366 vengono emanati gli Statuti di Kilkenny che abbozzano le prime forme di apartheid ai danni degli Irlandesi. Alcune infrazioni a questi Statuti erano punite con l’esproprio delle terre, una pratica che gli Inglesi utilizzeranno per secoli per annientare la classe dirigente irlandese.

Con la Riforma Protestante si introduce un ulteriore fattore di differenziazione fra Inglesi e Irlandesi. Per gli Irlandesi la fede cattolica diviene un elemento di aggregazione identitaria e l’invasione dei protestanti inglesi assume i tratti di una guerra di religione. Edmund Spenser, uno dei più grandi poeti del ‘500 inglese, auspicava l’uso di misure sempre più violente contro l’Irlanda arrivando a prospettare ipotesi di genocidio della popolazione locale. Le riflessioni di Spenser sono indicative delle idee sulla questione irlandese che circolavano nella classe dirigente inglese.

Nel clima delle guerre di religione, l’Inghilterra temeva che le potenze cattoliche, Francia e Spagna, potessero istigare gli Irlandesi contro gli Inglesi, perciò nel 1649 il conflitto sale d’intensità: Cromwell sbarca in Irlanda col suo esercito di puritani e mette l’isola a ferro e fuoco. Il condottiero della “Divina Provvidenza” mise in atto una vera e propria pulizia etnica che falcidiò un terzo della popolazione. Si avviò anche un traffico di schiavi irlandesi che venivano deportati nelle piantagioni coloniali dove venivano venduti assieme agli schiavi africani. Commentando questi episodi perfino lo storico inglese Toynbee ha notato come emerga nei coloni anglosassoni protestanti una propensione allo sterminio che si è manifestata per la prima volta in Irlanda, e che poi sarà applicata su più vasta scala nelle colonie d’oltreoceano con i Pellerossa.

Per la Chiesa Anglicana la discriminazione dei cattolici era un motivo propagandistico di grande presa sull’opinione pubblica e in Irlanda serviva anche a fomentare la divisione della popolazione locale. Solo alla fine del ‘700 gli Irlandesi abbozzano un tentativo di rivolta che per la prima volta unisce cattolici e protestanti. Il movimento indipendentista irlandese era guidato dal protestante Theobald Wolfe Tone, che nel 1796 riuscì a ottenere l’aiuto di una flotta francese e tentò di cacciare gli Inglesi. La reazione inglese però fu prontissima e particolarmente feroce: nel 1798 la rivolta era stata completamente debellata. Risale a quest’epoca la fondazione del cosiddetto “Ordine d’Orange”, la loggia massonica che ha come obiettivo la persecuzione dei cattolici e che ha organizzato secoli di violenze sistematiche contro i cattolici e gli indipendentisti irlandesi. Ancora oggi questa istituzione proclama apertamente i suoi fini discriminatori che sono chiaramente in contrasto con le legislazioni “antirazziste” dei paesi europei, ma si può scommettere che le coperture massoniche dell’Ordine d’Orange terranno lontani eventuali sguardi indiscreti della magistratura…

Per l’Inghilterra l’Irlanda era una riserva di bestiame e di prodotti agricoli a basso prezzo. Nel 1847 l’isola fu colpita dalla tristemente famosa carestia che spinse all’emigrazione buona parte degli abitanti. Molti andavano negli Stati Uniti, ma molti anche in Inghilterra, dove venivano accolti con disprezzo. Il premier inglese Disraeli affermava: «gli Irlandesi odiano il nostro ordine, la nostra civiltà, la nostra industria intraprendente, la nostra religione pura» (chissà poi che cosa intendeva per “religione pura” l’ebreo Disraeli…).

La pubblicistica inglese attribuiva agli Irlandesi i più ripugnanti stereotipi razzisti: nelle vignette satiriche gli Irlandesi erano sempre raffigurati con fattezze scimmiesche. Sui giornali inglesi si sosteneva l’inferiorità…della razza celtica! E questa tesi è stata accolta anche nel mondo accademico inglese fino alla metà del XX secolo.

Soltanto all’inizio del ‘900 in Irlanda si riorganizza una coscienza identitaria che prende corpo attorno alla rinascita della lingua gaelica. Grandi intellettuali irlandesi come Joyce e Yeats guardavano con interesse alla causa indipendentista. Quando scoppia la prima guerra mondiale l’Inghilterra ha bisogno di carne da cannone e il razzismo anti-irlandese viene messo da parte. In Irlanda i manifesti di arruolamento invitano i giovani a combattere per difendere il cattolico Belgio. Ma nelle zone protestanti dell’isola la propaganda spinge gli abitanti a combattere la cattolica Austria!

Dopo la Grande Guerra il partito repubblicano indipendentista Sinn Féin ottenne il 70% dei consensi: ne derivò lo scontro armato durante il quale si mise in luce il patriota irlandese Michael Collins. Alla fine di una fase di sanguinosi scontri, l’Irlanda ottenne finalmente l’indipendenza, pur con qualche compromesso, fra cui il controllo inglese sull’Ulster.

L’Irlanda era comunque una nazione ancora molto debole e poco sviluppata, i suoi abitanti erano spesso costretti a emigrare in Inghilterra per cercare lavoro, e a Londra molto spesso si trovavano sulle case i cartelli con la scritta “non si affitta agli Irlandesi”.

Inoltre nell’Ulster si trascinava una conflittualità strisciante, con continue vessazioni contro i cattolici. Il diritto di voto era concesso sulla base del censo e poiché i cattolici facevano i lavori più umili le elezioni le vincevano sempre i protestanti. Nel 1969 Londra inviò l’esercito per tenere sotto controllo la situazione, ma quest’iniziativa non fece altro che innescare una spirale di violenza il cui episodio più tristemente celebre è la Bloody Sunday del 30 gennaio 1972. In quell’occasione i paracadutisti inglesi aprirono il fuoco sui manifestanti uccidendo tredici persone; a tutt’oggi non si sono ancora definitivamente accertate le responsabilità dei fatti.

Sempre a quegli anni risale l’eroico sacrificio di Bobby Sands e dei suoi compagni che morirono in carcere per sciopero della fame.

Oggi la fase più acuta del conflitto sembra superata, ma permane un sentimento di ostilità fra Inghilterra e Irlanda che lascia traccia in modi di dire volutamente provocatori che sono molto in voga nel linguaggio quotidiano di entrambe le parti.

Inoltre in Inghilterra esiste ancora un filone storiografico ispirato a un malsano revisionismo che pretende di minimizzare la spaventosa portata dei crimini inglesi in Irlanda. E la questione non è affatto trascurabile poiché dopo otto secoli di persecuzioni, l’Irlanda avrebbe tutto il diritto di ottenere dall’Inghilterra un risarcimento di proporzioni esorbitanti!

sabato 28 gennaio 2012

Giovanni Blini e la Comunità giovanile. Contro il soffio del drago!


Riportiamo un bell'articolo uscito su "Il Secolo d'Italia" di pochi giorni fa.
Poche righe raccontano la stupenda esperienza della Comunità Giovanile di Busto Arsizio, la storia e il sogno rivoluzionario di Giovanni.

Giovanni Blini e la generazione «che ha vinto»
di Romana Fabiani

Magia del fare, magia del tempo. Strade che si incrociano, percorsi che si intersecano e si divaricano per incontrarsi di nuovo. È la storia della Comunità giovanile di Busto Arsizio, fondata nell’89 da un ragazzo testardo: Giovanni Blini. Scomparso a 24 anni in un incidente automobilistico al ritorno della festa del Fronte della Gioventù di Siracusa, sulla strada che lo avrebbe dovuto riportare tra le nebbie del varesotto. Una storia che diventa un libro attraverso le testimonianze di chi lo ha partorito, conosciuto, amato o solamente sfiorato. Giovanni Blini. Una vita, una storia, un bene comune (edizioni il Cerchio). Un’opera essenziale e densa, come i ricordi della  famiglia che occupano la prima parte del libro. Pennellate suggerite ai genitori e alla sorella Elerna dal parroco di Lonate Pozzolo per cercare nel dolore di puntualizzare “quello che vi riempie il cuore”. Ricordi che vanno dai primi passi di un bimbo biondo che non mangia, passando per le miniolimpiadi, le performance sportive nel tennistavolo, l’impegno politico e sociale al liceo scientifico, la militanza nel Fronte della Gioventù, la Bocconi (con il proposito presto abbandonato di diventare un manager di una multinazionale), il viaggio in Irlanda con la sua macchina sgangherata insieme al Checco, Luka e Lele fino al sogno della Comunità giovanile e alle baruffe con il papà che lo avrebbe voluto un po’ più tranquillo.

Contro il soffio del Drago
Un libro non conformista, come il sogno di una comunità di giovani accomunati dal desiderio di fare, di uscire dal guscio e sperimentare  un’alternativa alle vasche su e giù per il centro della città, di ogni città. Il desiderio di spegnere il “soffio del Drago”, come i comunitari di Busto amano  rappresentarsi nei documenti e nelle riviste. Quel drago che campeggia nella prima pagina dell’edizione bustese di Morbillo ispirato alla rivista underground che in quei mesi (siamo nell’89) faceva tanto rumore a Roma. Quel Drago da uccidere perché corrode dentro e fuori (è la causa della distruzione delle foreste, della morte dei fiumi e dei laghi, della cementificazione selvaggia, della  fine assurda procurata dalla droga). Eccola, la loro rivoluzione, niente libri rossi, niente carriarmati, la stessa che sognano i ventenni di oggi che non si rassegnano a vivere per accaparrarsi un tozzo di pane, come lo stormo Buonappetito di Jonathan Livingston. Giovanni aveva una sua precisa identità politica e religiosa, si era appassionato alla nuova destra francese, sognava con Tolkien, volava a Roma per conoscere da vicino il laboratorio politico della capitale. E proprio grazie alla sua formazione politica riesce a realizzare l’eresia di fondare un centro giovanile, il primo in Italia, in cui non contassero le famiglie ideologiche ma le persone che avessero voglia di vivere la gioia del dono. Un’eresia che vive nelle pieghe del libro curato da Stefano Gussoni, oggi pilastro della comunità che porta sulle spalle il fardello di un’eredità difficile. Nessuna tentazione di relegare Giovanni a un semplice ricordo nelle testimonianze di Fabio Rampelli, Gloria Sabatini, Luca Pesenti, Silvestro Pascarella, Enrico Salomi, Massimo Crespi, Lele Magni, Umberto Crespi, Davide Brazzelli e Serena Maggioni.

La cultura del “dono”
Pubblicano il libro, lavorano per la Fondazione Blini, un grande progetto che si inauguerà  il prossimo ottobre,  «sempre spinti dalla certezza che ciò che era valido allora lo è ancora oggi». Nel tramonto degli anni ‘80 la politica iniziava a smettere di essere l’ambito privilegiato a cui consegnare la speranza di cambiamento. «Giovanni intercettò anche questo sentimento generazionale perché sapeva che il cambiamento è prima di tutto dell’uomo e dunque è un problema innanzitutto educativo”, scrive Luca Pesenti, amico di Giovanni, uno dei responsabili della comunità giovanile dopo la sua morte, oggi docente di sociologia alla Cattolica di Milano. «Giovanni era per chi lo incontrava una presenza eccezionale, con cui inesorabilmente bisognava fare i conti, se lo incontravi dovevi necessariamente prendere posizione: ma se non stavi con lui, dalla sua parte, non te la sentivi proprio di stargli contro. Lo dovevi evitare...». Pesenti parte dall’eccezionalità del suo incontro con Giovanni collegando i fermenti esistenziali di una giovane destra inquieta alla lettura della politica italiana successiva al crollo del Muro. Parte dalla svolta rappresentata alla Sapienza di Roma dalla lista “Comunità studentesca” che univa per la prima volta i missini di Fare Fronte ai giovani di Comunione e Liberazione e agli ambientalisti non politicizzati. «Quell’esperienza fu per Giovanni, e poi per molti di noi, un punto di riferimento simbolico fondamentale» per sperimentare concretamente la rottura degli schemi destra-sinistra fino ad allora solamente teorizzata.
«Quello che non ti sembra vero – scrive Fabio Rampelli che di Blini è stato un punto di riferimento quasi inconsapevole – è vedere un ragazzetto davanti ai tuoi occhi che ascolta, interrompe di rado, rovista tra i volantini di una vecchia sezione del Msi. Ti fa qualche domanda e poi scompare per tornare mesi dopo con un giornale a 20 pagine sottobraccio,
Morbillo, prurito e avventura. Il Fronte della Gioventù dell’epoca era una palestra di intelletti e di energie, ma promuovere il tramonto del nostalgismo era difficilissimo. «Giovanni – scrive Rampelli, oggi deputato del Pdl – non aveva esitato un solo minuto a scegliere da che parte stare. Aveva deciso subito che, se avessimo avuto la capacità di evolverci, la storia ci avrebbe accolti, era solo questione di tempo».

Morbillo, prurito e avventura
E lui partì, senza farsi tante domande, senza l’ossessione di catechizzare i ragazzi della neonata comunità all’interno di un’organizzazione politica con tessere e moduli d’iscrizione. In pochi mesi Morbillo, il tir della speranza a Timisoara carico di vestiario, generi alimentari, medicinali per aiutare il popolo rumeno in difficoltà, la straordinaria Festa  (migliaia di presenze) alla Colonia elioterapica fino alla trasferta a Siracusa pensando già alla prossima partenza per l’Eritra, che Giovanni non fa in tempo a realizzare. Che cosa resta? “Giovanni Blini  è come un additivo. Altrimenti come spieghi che la Comunità giovanile è viva e strapiena di ragazzi, è un interlocutore sociale e culturale del territorio?  Si spiega solo perché il ragazzo dal sorriso beffardo è nella tappezzeria,  nella birra che spumeggia, nella chitarra elettrica di un gruppo rock  e, magari, in ognuna delle stanze sontuose che agghindano i palazzi del potere, addosso a ciascuno di quei militanti testardi che convivono con i vecchi soloni e non si fanno contaminare, che costruiscono con il suo esempio, con il suo spirito, un mondo migliore».

giovedì 26 gennaio 2012

BANKITALIA. RAMPELLI-MARSILIO (PDL): IL GOVERNO ACCOGLIE ODG PER IL RITORNO IN MANO PUBBLICA DELLA PROPRIETA'


Quando la politica si trasforma in azione:

"Il governo ha accolto l'ordine del giorno n. 62 collegato al decreto Milleproroghe, a firma Rampelli, Marsilio e Maurizio Turco (Radicali), che impegna l'esecutivo a dare corso a quanto disposto dalla legge 262 del 2005, che disciplina il settore del risparmio e dei mercati finanziari, per la parte che riguarda il ritorno in mano pubblica dell'intera proprietà della Banca d'Italia. La legge aveva infatti previsto questo obiettivo, delegando il ministero dell'Economia ad adottare un regolamento in merito entro il 2008. I governi che si sono succeduti negli anni hanno fatto scadere il termine senza giungere ad alcun risultato. Ma la legge continua a prescrivere che la proprietà della Banca d'Italia debba essere detenuta al 100% da soggetti ed enti pubblici, mentre oggi solo una minotanza delle quote è in mano pubblica, essendo tutto il resto di proprietà delle banche private.
"E' arrivato il momento di far rispettare la legge - commentano Rampelli e Marsilio - e di riportare la proprietà della nostra Banca centrale in mano pubblica. Un'operazione che serve a rendere più trasparente e più autorevole il ruolo di via Nazionale, e a sgombrare definitivamente il campo da ogni sospetto sull'influenza che le banche proprietarie possono avere sull'Istituto che ha il compito di vigilarne l'attività"

sabato 21 gennaio 2012

Strage del Cermis: il pilota confessa



Il 3 febbraio di 14 anni fa un aereo militare Usa spezzò il cavo di una funivia uccidendo 20 persone. Ora uno dei marine che erano ai comandi ammette che quel volo era una sorta di gita per divertirsi. E che subito prima dell'incidente stava facendo riprese panoramiche con la sua videocamera. In un nastro distrutto il giorno dopo(20 gennaio 2012)Joseph Schweitzer Ridevano e filmavano le montagne, il «paesaggio splendido» del lago di Garda. Mentre il loro aereo violava le regole, volando troppo basso e troppo veloce, loro giravano un video ricordo delle Alpi: un souvenir per il pilota, all'ultima missione prima di tornare negli Stati Uniti. E poco dopo sono andati a tranciare la funivia del Cermis, uccidendo venti persone.

E' questa l'agghiacciante ricostruzione del dramma di Cavalese, realizzata da un'inchiesta di National Geographic grazie alla testimonianza inedita dei protagonisti: gli investigatori americani che tentarono invano di far condannare i responsabili. E il navigatore dell'aereo assassino, che per la prima volta parla e descrive quel video turistico distrutto per impedire che si arrivasse alla verità: «Ho bruciato la cassetta. Non volevo che alla Cnn andasse in onda il mio sorriso e poi il sangue delle vittime».

Giustizia non c'è stata, sepolta dalla ragione di Stato. Di quei venti uomini, donne e ragazzi morti mentre andavano a sciare per una folle esercitazione bellica non è importato a nessuno. Le autorità americane non hanno fatto nulla per punire i responsabili del volo che il 3 febbraio 1998 ha tranciato la funivia di Cavalese facendo precipitare nel vuoto una cabina piena di sciatori. La loro unica preoccupazione era tenere alto l'onore dei Marines, a cui apparteneva l'equipaggio, e sopire le attenzioni italiane per evitare di perdere la base di Aviano. Ma che l'assoluzione del pilota sia una vergogna adesso lo dicono apertamente anche gli investigatori militari statunitensi che aprirono l'istuttoria, poi estromessi dal corpo militare più famoso del mondo: «Non c'è stata giustizia».

Il documentario di National Geographic, che andrà in onda il 31 gennaio alle 21.25 sul canale 403 di Sky, fa luce su tutti i punti oscuri della tragedia. E da forza a un sospetto: il jet volava così in basso per girare un video ricordo. Non c'era nessuna giustificazione operativa o tecnica che giustificasse la scelta di violare i limiti di quota e di velocità. A ricostruire la spedizione è un detective del Naval investigative criminal service: il reparto federale che indaga sui crimini della Marina statunitense reso celebre dalla serie televisiva Ncis. Fu Mark Fallon a scoprire quello che l'equipaggio aveva taciuto. Dopo l'atterraggio d'emergenza gli ufficiali consegnarono una piccola telecamera portatile con dentro un nastro vuoto. Perché portarla a bordo se non è stata usata? Tra i sedili, l'investigatore ha trovato un frammento di cellophane, parte della bustina che avvolge le videocassette vergini.

Solo sei mesi dopo la strage, i due tecnici di bordo - dietro la garanzia dell'immunità - hanno raccontato che al momento dell'atterraggio di emergenza i due ufficiali non hanno abbandonato subito l'aereo, nonostante perdesse fiotti di carburante. E allora comandante e navigatore hanno confessato di essere rimasti sul jet per sostituire il nastro girato durante il volo con una cassetta vergine. Il giorno dopo il documento è stato bruciato. Cosa conteneva? «Avevo ripreso le Alpi e il lago di Garda, filmando il comandante Richard Ashby. Poi l'ho rivolta verso di me e ho sorriso», ricorda l'ormai ex capitano Joseph Schweitzer: «L'ho fatto perché non volevo che alla Cnn si vedesse il mio sorriso e poi il sangue».

I responsabili hanno dichiarato che le riprese non hanno influenzato la condotta della missione letale: la quota troppo bassa dipendeva da un malfunzionamento dell'altimetro, l'apparecchio che indica l'altezza dal suolo. Ma il detective del Ncis Fallon, oggi anche lui in pensione, non gli crede: ha verificato che il sistema era a posto. E ha ripercorso il tragitto del velivolo, interrogando le persone che lo videro passare: nonostante spesso avessero notato i jet, mai avevano assistito a un volo così vicino al suolo. Ma a Fallon e il suo staff federale venne tolta la direzione dell'indagine, affidata a una commissione dei Marines incaricata di condurre un'istruttoria sotto segreto. Nella storia statunitense non era mai accaduto prima.

Da L'espresso.it

giovedì 19 gennaio 2012

The roots of a idea shared

L'intervista al "Fidesz" in lingua inglese:


The news reports from around the world have cast a shadow over Hungary, by accusing Fidesz and the Obran government, of having imposed a dictatorship to the Magyar people. How do you respond to these accusations? 
Hungarian Deputy Prime Minister Tibor Navracsics said: "On the subject of rights, the constitution enshrines in full the Charter of Fundamental Rights of the European Union. It therefore declares the inviolability of human dignity, the right to freedom, the security of the person and the protection of private property. "


The same media who accuse you of extreme authority, focused on your methods of communication. You have been accused of wanting to tape journalism through laws that censor the information. What did really happen?

Hungary’s new media law conforms to European Union guidelines, head of the National Media and Infocommunications Authority (NMHH) Annamaria Szalai told a conference organised by the association of Electronic Electronic Press Association in Budapest. On the subject of the law’s much-criticised provisions concerning possible sanctions against media providers, Szalai
said that the goal was “prevention rather than punishment” and that the courts would apply the principles of “gradualness, equal treatment and proportionate penalties” for broadcasters.


What are the actions you are carrying forward to get out of the crises?
Among the achievements of the past 18 months of his government, PM Orban mentioned Hungary’s decreasing state debt, a positive fiscal balance, and that paramilitary organisation threatening ethnic minorities had been dissolved. The government’s structural reforms involved changes to the governmental, administrative and municipal system, the judiciary, education, taxation, pensions, as well as social services and national health care. “We have reorganised all systems that used to increase the national debt,” By June 2012 the changes implemented under the Fidesz government will have been completed in Hungary, after which a calmer period will ensue, the parliamentary group leader János Lázár said.

In Italy, at our concerts, we sing with a particular passion “Avanti Ragazzi di Buda”, song that talks about the revolt of 1956. How important are these events in the history of Hungary and in your daily political militancy?
THE FUNDAMENTAL LAW OF HUNGARY (25 April 2011) says: "We agree with the
members of the first free Parliament, which proclaimed as its first decision that our current liberty was born of our 1956 Revolution. "


What do you think about the EU and what is your idea of Europe?
It is in Hungary’s interest that the European Union should be strong and united and that the euro zone should emerge from its crisis as quickly as possible, said Foreign Minister Janos Martonyi. The Hungarian government is prepared to hold talks on any issue but does not accept anyone questioning its commitment to democracy, Hungarian Foreign Minister Janos Martonyi said. “We ask all our neighbours to get used to the idea that there is no individual identity without communal identity. If they understand this, they will better understand the European identity, too,” he said.


The Hungarian constitution, through a recent reform approved at the Parliament, underlines the principles that guide the Magyar people. It talks about God and Homeland, as essential concepts to look up to. Why was there the necessity to underline these issues?
Hungary’s basic law defines fundamental rights of freedom, and reinforces constitutional and democratic values in the spirit of the European Charter of Fundamental Rights, President Pál Schmitt said--in his address to the audience of a gala performance in Budapest’s Opera House to celebrate the new constitution--, and referred to the family, public order, the home,
labour and health as its most important common values.

How important are roots and traditions in your vision of politics?
Hungarian Deputy Prime Minister Tibor Navracsics said: The new constitution has great symbolic and practical significance. It provides a foundation for the spiritual and intellectual renewal of Hungary. It reflects the past, present and future of the nation, and the fundamental values of the Hungarian people.


 

L'intervista al Front National in lingua originale

1.    Comment le Front National de la Jeunesse aborde cette période de crise politique? Quelles sont ses dernières batailles?

Nous voyons dans cette crise mondiale la révélation que ce système de l’argent-roi et de mondialisme effréné n’est pas viable. Nous pensons que nous devons être désormais à la hauteur pour proposer un projet alternatif aux Français, car il ne faudra pas gâcher la crise en passant à côté. Nous nous battons régulièrement pour convaincre les Français, en multipliant les actions symboliques (comme jouer au poker devant les banques), en produisant des visuels, des affiches et des tracts pertinents, en essayant de provoquer le débat dès que nous le pouvons, car nous sommes les meilleurs dans ce domaine-là.

2. L'Union européenne, il y a plusieurs années, a décidé de ne pas inclure dans la constitution une étape importante sur les racines chrétiennes. Vous, qui considérez Jeanne d'Arc comme un héros national, comment jugez ce choix d'effacer  un morceau de notre histoire si importante?

Pierre Manent a écrit : « à chaque fois  que l’on mentionne l’Europe, c’est pour l’annuler », ce qui signifie que l’Europe d’aujourd’hui nie en réalité tout ce qu’est véritablement l’Europe. L’Union Européenne est comme un casque inconfortable, pesant et grossier, posé sur la vraie Europe, celle de la civilisation helléno-chrétienne, celle des Nations. Je dis toujours que je suis plus européen que les européistes de Bruxelles, car eux créent de toute pièce une Europe artificielle, alors que moi j’aime l’Europe qui existe, celle dont nous avons hérité.

3. Quelle est l'importance des racines et des traditions dans votre vision de la politique?

Pour nous, les racines constituent notre identité, donc notre personnalité et notre caractère. Sans elles, les hommes sont des insectes qui virevoltent dans le vide, sans force et sans âme. Les traditions quant à elles sont un terreau de sagesse accumulé depuis des siècles, et vouloir les détruire par la politique de la table rase, comme l’ont fait à l’époque les socialistes et les communistes, et comme le font les libéraux d’aujourd’hui, est une pure folie.

4. La France, plus encore que l'Italie,  a été attaquée par les medias, à cause de sa politique envers l'immigration. Comment pensez-vous que vous devez aborder le problème de l'exode des pays du tiers monde?

Je pense que nous devons l’appréhender de deux façons : sous l’angle économique et sous l’angle identitaire. D’abord, l’immigration vers l’Europe détruit à la fois deux économies : celle du pays qui accueille, car il n’en a pas les moyens, surtout dans un contexte de crise, mais aussi celle du pays d’émigration, car il se prive d’une main d’œuvre et de cerveaux dont il aurait grand besoin pour se développer. Personne n’est donc gagnant dans cette affaire. Ensuite, sous l’angle identitaire, je pense que nous risquons une subversion de notre culture et de l’essence de nos peuples, qui est à peu près la même depuis plus de mille ans. Cette disparition des peuples européens et de leur culture serait une catastrophe, car ils brillent de mille feux dans l’Histoire.

5. En Italie un gouvernement dirigé par des techniciens, qui viennent des agences de rating les plus célèbres dans le monde, a pris ses fonctions de manière très choquante. Pensez-vous qu'il s'agit d'un effort international  pour renverser les gouvernements élus par le peuple, pour établir un pouvoir de l'économie?

Ne nous leurrons pas, l’économie et la finance dirigent déjà les hommes politiques depuis bien longtemps ! Même ceux que les peuples ont élus étaient en général des pantins des grands financiers internationaux. Maintenant, le pouvoir de la banque ne prend même plus la peine de faire croire au jeu démocratique, il impose directement ses chefs d’Etat. Au moins, personne ne pourra dire qu’il n’était pas au courant.

6. Pendant des siècles,  des dizaines de clichés superficiels ont séparé le peuple italien et le peuple français: quelle est la réelle prise en compte que la France et le front national de la jeunesse ont envers l'Italie?

Pour nous, les Italiens sont des frères, comme le sont les Espagnols, des Allemands, et l’ensemble des peuples européens. Nous sommes une seule et même civilisation, et nous connaissons actuellement les mêmes difficultés : le pouvoir de l’UE, l’assujettissement au pouvoir américain et aux banques, l’immigration massive, la crise des valeurs etc. Nous pouvons et devons surmonter ces difficultés ensemble, en souhaitant chacun reprendre le pouvoir qui lui est dû, à l’échelle nationale.

7. Soit en France, soit en Italie, il y a beaucoup de différences entre le Nord et le Sud. Pensez-vous que les identités locales peuvent être des obstacles ou des atouts dans la construction d'une identité nationale?


Personnellement, je pense qu’elles peuvent être un atout, car de leur syncrétisme nait une culture particulière, avec ses traits qui lui sont propres. En France par exemple, je pense que cela enrichit notre culture que les Bretons se sentent Français et Bretons, que les Occitans se sentent Français et Occitans, etc. Du moment qu’ils prennent conscience que c’est la Nation Française qui est notre dénominateur commun à tous, alors il n’y a pas de problème. En revanche, quelqu’un qui ne souhaiterait être que Breton et pas Français, celui-là n’aurait rien compris et se condamnerait, car aujourd’hui seul l’Etat National peut protéger ses terres des crises économiques et des flux migratoires par exemple.

8. Quelle est la position du Front National de la Jeunesse  sur le travail du gouvernement Sarkozy?

Nous pensons que Sarkozy n’aime pas la France, qu’il lui préfère le modèle américain. Nicolas Sarkozy a enfumé tout le monde en faisant croire qu’il voulait protéger l’économie Française, rétablir la sécurité et réguler l’immigration, il n’en fut rien. Au contraire, sous le règne de Nicolas Sarkozy, tout s’est empiré : chômage, dette, insécurité, immigration, déculturation.

9. L'Italie, ayant choisi de ne pas avoir de centrales nucléaires, achète une grande partie de l'énergie qu'elle utilise de la France. Cela nous rend unis dans le domaine de l'énergie, mais, malgré cela la guerre en Libye et contre Kadhafi, a été entreprise, très probablement,  pour attaquer une relation énergie / économie qui a été créée entre la Libye, l'Italie et la Russie, qui a vu briser le potentat de l'Atlantique qui, jusque-là,  avait l'hégémonie sur la Méditerranée. Quelle est votre position sur la guerre en Libye et sur la question énergétique?

Nous étions contre la guerre en Libye, dont les causes semblent n’être pas très européennes et Françaises… Sur la question de l’énergie, je pense que les européens doivent s’ouvrir à l’Est en instaurant de grandes alliances avec des pays comme la Russie, qu’ils doivent s’entraider pour maitriser totalement la méditerranée, et qu’ils doivent plancher sur de nouvelles énergies, plus écologiques. Le savoir-faire de l’Europe et son inventivité pourvoiront à tout.

10. Pour terminer, si vous voudriez recommander un livre, une chanson ou un film pour les jeunes Italiens, qui choisiriez-vous ?

Je leur conseillerais évidemment toute la littérature française ! Plus sérieusement, je leur conseillerais « Le siècle de 1914 » de Dominique Venner, qui revient sur le XXème siècle et comprend tout de l’Histoire qui a déterminé le présent que nous vivons. Je leur conseille aussi de bien connaitre leur propre culture qui est sublime. L’avenir est à nous, il nous suffit d’oser ! Un de vos grands poètes disait : « memento audere semper », c’est ma devise : ça doit être la nôtre.

L'intervista in lingua inglese

First of all thank you for the quick response, as said in the previous letter it is a pleasure to confront with other young Europeans who do politics and the everyday life with militancy spirit and dedication. In the modern world  where appearing and showing richness seems to be the only reason of life, the most noble action that someone can do is to dedicate himself for a common interest, for a change in the national community and rediscover  the old values that made Europe a continent bearer of a strong tradition. Today we find ourselves in a particular situation, were history and populations seem to be oppressed by the big power of finance, where men seem to be obliged to bow down to the world of reason and the plungers. The EU, that should have represented a community of intents and traditions, seems to have regretted its own roots and their only issue is economy and the market, leaving that political role that our continent, today more than ever, should have. In this situation, young people like you and us, represent, as Tolkien said: “the wheels of the world, small hands”. Every type of activity that tends to give a wakeup call to the people from this numbness, to give back dignity and pride to the history of Europe, has to come from big generational movements, that unlike the ones of 1968, care about the destiny of their nation, believe in the family value, honor, community, beauty of giving and in the magic of life.

How does the FN deals with this current period of crises in politics? What are its latest battles?

In the current crises we see that this system of money and globalization, is not acceptable anymore. From now on we should be able to offer an alternative project to the French people, to make sure the crises does not pass us by without doing anything. We fight on a daily basis to convince everyone, and we do it through our symbolic actions (like playing poker in front of the banks), images, billboards and flyers, trying to stimulate the debate in a short amount of time, because we are able do it and we are the best in this camp.

The EU, several years ago decided to not insert in its constitution an important passage on the Christian roots. You consider Joan of Arc a national hero, so how do you see this choice of erasing an important part of our history?

Pierre Manent  wrote: “Everytime Europe is mentioned, it is to delete it”, which means that today’s Europe is denying what Europe is all about. The EU is like an uncomfortable helmet, big and heavy, on the real Europe, the one by the Hellenic-Christian civilization.  I always say that I am more European than the people that are in Brussels, because they create  from nothing, an artificial Europe, I love the Europe that we have, the one we have inherited.

How important are roots and tradition in your vision of politics?
For us, roots represent our identity, our personality and our character. Without these elements, men would be insects hovering in the air, without force and without a soul. Traditions are a source of wisdom accumulated in our history, and trying to destroy them for political interests of higher people, like socialists and communists did, is pure craziness.

France, more than Italy, has been under attack from the media for its policy regarding immigration. How, according to you, should the problem of the exodus of the countries of the third world be solved?

I think we need to solve this problem on two basis: economy and identity. Firstly, the immigration towards Europe destroys two economies: the one of the hosting country, because it does not have the tools, especially in this time of crises, but also the one for the sending country, because it is devoid of labor and favors brain drain. So nobody wins in this case.  In terms of identity, I think we risk a subversion, of our culture and of the essence of our people, which is the same from more than a thousand years.

In Italy now we have a government, guided by technicians, and they come from the most famous financial service companies. Do you believe there is an international plan to destroy the governments elected by the people to establish the power of the economy?

Let’s be honest, the economy and the finance have controlled  politicians from a long time ! The ones that people have elected are only big puppets of the international finance. For now the power of the banks, does not care about democracy, they impose the leaders of the countries. At least no one can say it was the other way around.

From many years, there are stereotypes that divide Italians and French people, what is the real 
consideration that France and also your movement has of Italy?

For us, Italians are like brothers, also like the English, the Spanish, the Germans and the other European populations. We are a one and only civilization and we are dealing with the same problems: the power of the EU, the submission to the American power and of the banks, uncontrolled immigration, crises of values, etc. We can and must defeat these problems together, hoping that each one of us can take back what we have started on a national level.

France and Italy are two countries with complicated territories, in both states there are differences between the north and the south. Do you believe that local identities can be obstacles or positive points for the construction of a national identity?


Personally, I believe it could be a positive side, because from their language, a particular culture comes up. In France, for example, I am convinced it enriches our culture, since the Breton feel themselves Breton and French, like the Occitan who feel themselves Occitan and French etc. From the moment we all realize that our French nation is the common point, there will not be problems. Plus, whoever feels Breton and not French, does not understand much and will e condemned , since today only the national state can protect its lands from the economic crises, and for example, from the migration flows.

What is the movement’s position on the Sarkozy government?

We think Sarkozy does not like France, he prefers the American model.  He made everyone believe that he wanted to protect the French economy, to aim on the security and regulate immigration, but he did not do anything. On the contrary, under his administration, everything went worse: unemployment, debt,  insecurity, immigration and the identity culture.

Italy, chose to not have nuclear plants, buys most of the energy that they use from France, so this makes us unites in the energy section but despite that, the war in Libya and against Ghedafi was undertaken to break the economic/energetic relationship that was built between Russia, Italy and Russia that saw the Atlantic power break down which until then had the hegemony on all the Mediterranean. What is your position on the war in Libya and on the energetic issue?

We were against the war in Libya, because the causes did not seem to be very European or French. On the energy issue, I believe Europe should open up to the East, establishing big alliances with countries like Russia, who need each other to run the Mediterranean, and together should focus on new energies, more ecological energies.

To finish this interview, we ask you, if you should advise a book, a song and a movie to the young Italians, what would you choose?

I would advise all the French literature! Joking apart, I would advice “Le siècle de 1914” by Dominique Venner, which rebuilds the 20th century and understands all the history that has determined the present day we live in. My advice is to know very well your own culture, it is very important. Tomorrow belongs to us, we must dare ! A great Italian poet said: “memeto audere semper”, it is my motto: it has to be ours.


Le radici di un'idea comune. Intervista al Front National de la Jeunesse


Il Laboratorio Culturale Aslan intervista Julien Rochedy, dirigente del Front National de la Jeunesse.

E' per noi un enorme piacere poterci confrontare con giovani europei che affrontano la politica e la quotidianità con spirito di  militanza e dedizione. Nell'epoca moderna dove contano apparenza e ricchezza materiale, l'azione più nobile che si possa compiere è certamente quella di dedicare se stessi al bene comune, al cambiamento della comunità nazionale e alla riscoperta degli antichi valori che hanno fatto dell'Europa un continente portatore di millenaria tradizione.
Oggi ci troviamo in una situazione particolare, dove storia e popoli sembrano oppressi dai burocrati della grande finanza, dove l'uomo sembra costretto a piegarsi ai tecnicismi, al mondo della ragione, al potere degli speculatori. L'unione europea, che avrebbe dovuto rappresentare una comunità di intenti e di tradizioni, sembra aver rinnegato le proprie radici occupandosi solo di economia e mercato, tralasciando quel ruolo politico di cui il nostro continente, oggi più che mai avrebbe bisogno. In questa situazione, giovani come noi e voi, rappresentano, per usare una frase di Tolkien, "le piccole mani che muovono il mondo". Ogni tipo di attività volta a svegliare i popoli da questo torpore, utile per ridonare dignità e orgoglio alla storia della nostra Europa non può che partire da grandi movimenti generazionali, che a differenza di quelli del 1968, hanno a cuore le sorti della propria nazione, credono nella famiglia, nell'onore, nella comunità, nella bellezza del dono, nella magia della vita.

In che modo il Front National de la Jeunesse affronta questo periodo di crisi della politica? Quali sono le sue ultime battaglie?


Nella crisi attuale noi vediamo che la rivelazione di questo sistema del re denaro e della globalizzazione sfrenata non è più praticabile. D’ora in poi dovremmo essere all’altezza di offrire un progetto alternativo ai francesi, per non far si che la crisi ci passi vicino senza affrontarla. Noi ci battiamo regolarmente per convincere i francesi, moltiplicando le azioni simboliche (come giocare a poker davanti le banche), la produzione di immagini, manifesti e volantini relativi,  nel tentativo di accendere il dibattito, nel più breve tempo possibile,  perché possiamo essere e siamo i migliori in questo campo.


L'Unione Europea, già pochi anni fa, decise di non inserire all'interno della propria costituzione un importante passaggio sulle radici cristiane. Voi, che avete come eroe nazionale Giovanna d'Arco, come vedete questa scelta di cancellare un pezzo così importante della nostra storia?

Pierre Manent ha scritto: “Ogni volta che viene menzionata l’Europa, è per annullarla”, il che significa che l’Europa di oggi nega tutto ciò che è veramente l’Europa. L’UE è come un casco scomodo, pesante e grosso, posato sulla vera Europa, quella della civiltà ellenico-cristiana, quella delle Nazioni. Io dico sempre che sono più europeo di quelli di Bruxelles, perché essi creano da zero un’Europa artificiale, io amo l’Europa che esiste, quello che abbiamo ereditato.

Che importanza hanno, le radici e le tradizioni nella vostra visione del fare politica?

Per noi le radici costituiscono la nostra identità, la nostra personalità ed il nostro carattere. Senza questi elementi, gli uomini sarebbero degli insetti che volteggiano nel vuoto, senza forza e senza anima. Le tradizioni sono una fonte di saggezza accumulata nei secoli, e volerle distruggere per  la politica da tavola, come hanno fatto i socialisti e i comunisti, e come fanno i liberali oggi, è una pura follia.

La Francia, ancor più dell'Italia, è stata sotto attacco dei media per la sua politica nei confronti dell'immigrazione. In che modo secondo voi, si dovrebbe affrontare il problema dell'esodo dai paesi del terzo mondo?

Penso che abbiamo bisogno di affrontare la questione su due direttrici: in termini economici e in termini di identità. In primo luogo, l'immigrazione verso l'Europa distrugge le due economie: quella del paese ospitante, perché non ha i mezzi, soprattutto in tempo di crisi, ma anche quella del paese di emigrazione, perché si priva di manodopera e cervelli di cui ha bisogno per lo sviluppo. Quindi nessuno è vincente in questo caso. Poi, in termini di identità, penso che rischiamo una sovversione  della nostra cultura e dell'essenza del nostro popolo, che è circa la stessa da più di mille anni.


In Italia si è insediato, in un modo assai sconvolgente, un governo guidato da tecnici, provenienti dalle agenzie di rating più famose del mondo. Pensate che esista un disegno internazionale volto a stravolgere i governi eletti dal popolo per instaurare un potere dell'economia?

Ammettiamolo, l'economia e la finanza dirigono gli uomini politici già da tempo!
Proprio quelli che il popolo ha eletto sono dei grandi pupazzi della finanza internazionale.   Momentaneamente, il potere delle banche non si prende più la briga di farci credere alla favola della democrazia, impone direttamente i suoi capi di Stato. Almeno nessuno potrà dire che non ne era al corrente.

Da secoli esistono decine di superficiali stereotipi che dividono il popolo italiano da quello francese, qual'è la reale considerazione che la Francia e il vostro movimento hanno nei confronti dell'Italia?

Per noi gli Italiani sono fratelli, come lo sono gli inglesi, gli spagnoli e i tedeschi, e l’insieme dei popoli europei. Noi siamo una sola e unica civiltà e stiamo affrontando le stesse difficoltà: il potere dell’UE, la sottomissione al potere degli USA e delle banche,l’immigrazione incontrollata, la crisi dei valori ecc. Noi possiamo e dobbiamo sormontare queste difficoltà insieme, augurando a ciascuno di noi di riprendere ciò che avevamo iniziato su scala nazionale.


La Francia e l'Italia sono due nazioni con un territorio assai complicato, esistono infatti all'interno di entrambe molte differenze tra il Nord e il Sud. Pensate che le identità locali possano essere ostacoli o punti di forza nella costruzione di un'identità nazionale?

Personalmente, penso che possano essere un bene, visto che dal loro sincretismo nasce una cultura particolare, con dei tratti propri. In Francia, per esempio, sono convinto che arricchisca la nostra cultura, visto che i bretoni si sentono sia bretoni che francesi, come gli occitani si sentono sia occitani che francesi Etc. Dal momento in cui si prende coscienza che la nostra nazione francese è il nostro comune denominatore, non ci potranno essere problemi. D'altra parte, qualcuno che si sente bretone e non francese, non ha capito nulla e resterà condannato, visto che oggi solo lo stato nazionale può proteggete le sue terre dalla crisi economica e, per esempio, dai flussi migratori.

Qual è la posizione del Front National de la Jeunesse sull'operato del Governo Sarkozy?

Noi pensiamo che Sarkozy non ami la Francia, lui preferisce il modello americano. Ha fregato tutto il mondo facendo credere che volesse proteggere l’economia Francese, puntare sulla sicurezza e regolare l’immigrazione, ma non ha fatto niente. Al contrario sotto l’amministrazione di Sarkozy, ogni cosa è peggiorata: la disoccupazione, il debito, l’insicurezza, l’immigrazione e la cultura identitaria.

L'Italia, avendo scelto di non avere centrali nucleari, compra gran parte dell'energia che utilizza dalla Francia, questo ci rende uniti sotto il campo delle energie ma nonostante ciò la guerra in Libia e contro Gheddafi è stata intrapresa molto probabilmente per rompere un rapporto energetico/economico che si era creato tra la Libia, l'Italia e la Russia che vedeva rompere il potentato atlantico che fino ad allora aveva l'egemonia su tutto il mediterraneo. Qual è la vostra posizione sulla guerra in Libia e sulla questione energetica?

Eravamo contrari alla guerra in Libia, d'altronde le cause non sembrano essere state molto europee e francesi.
Sulla questione dell'energia, penso che l'Europa debba aprirsi all'est, instaurando delle grandi alleanze con paesi come la Russia, che hanno bisogno l'uno dell'altro per governare sul mediterraneo, e insieme dovrebbero puntare sulle nuove energie, più ecologiche. Il saper fare dell'Europa e la sua inventiva possono tutto.


Per chiudere vi chiediamo se doveste consigliare un libro, una canzone ed un film ai giovani italiani, quale scegliereste?

Consiglierei tutta la letteratura Francese! A parte gli scherzi, consiglierei “Le siecle de 1914” di Dominique Venner, che ricostruisce il ventesimo secolo e comprende tutta la storia che ha determinato il presente che viviamo. Il mio consiglio è di conoscere bene la propria cultura, è importantissimo. Il domani appartiene a noi, bisogna osare ! Un vostro grande poeta diceva : ”memento audere semper”, è il mio motto: deve essere il nostro.

Per leggere l'intervista in lingua originale clicca qui:
http://laboratorioaslan.blogspot.com/2012/01/les-racines-dune-idee-commune-entretien.html

lunedì 9 gennaio 2012

Un'altra torcia si accende


Centinaia di tibetani hanno costretto la polizia a rilasciare i resti di Nyage Sonamdrugyu, un “buddha vivente” che ha scelto il suicidio con il fuoco dopo che il governo gli ha negato il visto per l’India, e li ha portati per le strade di Dari. Nonostante l’opposizione del Dalai Lama, sale a 15 il numero dei suicidi.

Dharamsala (AsiaNews) – Una folla composta da centinaia di tibetani inferociti ha portato questa mattina per le strade della contea di Dari – nella provincia cinese a maggioranza tibetana del Qinghai – i resti di un monaco buddista che si è auto-immolato con il fuoco per protestare contro l’occupazione comunista e il bando del Dalai Lama. Nonostante gli appelli proprio del leader buddista, sale così a 15 il numero di religiosi che hanno scelto di suicidarsi con il fuoco.

Secondo Radio Free Asia, la folla ha costretto la polizia a cedere i resti del monaco 42enne, Nyage Sonamdrugyu noto come Sopa, che sono poi stati portati per le strade della contea. Sopa si è ucciso ieri mattina dopo aver bevuto cherosene, di cui aveva già gli abiti imbevuti: secondo alcuni testimoni, “il suo corpo è esploso dopo che ha avvicinato una fiamma”. Il suo è un caso particolare perché si tratta di un bodhisattva, un “buddha vivente”: monaci considerati rinascite di grandi maestri del passato.

Le autorità cinesi avevano negato il visto al monaco, che voleva recarsi in India per ascoltare gli insegnamenti del Dalai Lama e del Karmapa Lama. Secondo alcuni, questo è il motivo che lo ha spinto ad auto-immolarsi. Inoltre, altri 2 monaci giovani hanno compiuto lo stesso gesto fra il 5 e il 6 gennaio: uno è morto, mentre l’altro è ferito in maniera molto grave. Secondo il governo cinese si tratta di “criminali comuni che appartengono alla cricca del Dalai Lama”.

Il leader buddista ha più volte chiesto ai suoi seguaci in Tibet e nelle province cinesi a maggioranza tibetana di non commettere suicidio: “La vita è il bene più prezioso che abbiamo. Conosciamo bene le sofferenze di queste persone, ma in questi casi serve pazienza”. I monaci che scelgono il suicidio appartenevano quasi tutti al monastero di Kirti, che non ha una grande tradizione storica e il cui abate vive in esilio a Dharamsala.

Anche il lama geshe Gedun Tharchin, che da anni studia i Cinque grandi trattati del buddismo, ha spiegato ad AsiaNews: “Per la nostra religione ogni vita è sacra, e uccidersi è un danno enorme per l’anima. Ma chi vive in Tibet ha fame di libertà, soprattutto religiosa: una fame che sta attraversando tutta la Cina. E il governo è sicuramente molto duro con loro: ho visto i video delle immolazioni apparsi sulla Rete, e non sono riuscito a provare altro che compassione per queste persone”.

Da Asianews.it

giovedì 5 gennaio 2012

Avanti ragazzi di Buda


La piccola Ungheria guidata dal conservatore Viktor Orban si mette di traverso al Fondo Monetario Internazionale, all’Unione europea e alle banche di mezzo mondo. Il quarantanovenne primo ministro ha deciso di intestarsi la lotta ai big della finanza con una sostanziosa tassa agli istituti di credito e alle assicurazioni (0,45% e 5% degli utili) che dovrebbe garantire un flusso di entrate di circa 700 milioni di euro, che saranno utilizzati per ridurre il deficit pubblico. Per far questo Orban ha messo alla porta i rappresentanti del Fmi e quelli della Ue scatenando le prevedibili reazioni preoccupate dell’Europa e un moto di simpatia che corre sul web. Non si contano i post sui social network che riportano la notizia del “coraggio magiaro” contro le lobby che in tutta Europa hanno «commissariato la politica e la sovranità popolare»:
«Si tratta di una misura giusta e necessaria», ha detto Orban, «perché va incontro agli interessi della popolazione in un periodo così difficile. Le banche d’altra parte sono all’origine della crisi globale e per questo è del tutto normale che contribuiscano a ripristinare la stabilità». Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano, verrebbe da commentare, ma a giudicare dall’allarme generale e dal coro di proteste di Usa, Germania e Francia la faccenda è più seria di quanto sembri, anche se per la grande stampa indipendente non sembra appassionarsi alla vicenda. Come se non bastasse il governo ungherese ha approvato un tetto ai salari dei dipendenti pubblici, compresi i dirigenti della banca nazionale d’Ungheria e del consiglio per le politiche monetarie, facendo inviperire il governatore della Banca Centrale, Andras Simor, che si è visto tagliare del 75% la retribuzione di 8 milioni di fiorini ungheresi mensili, circa 27000,40 volte il salario medio di un lavoratore ungherese. E ancora, Orban ha ridotto di 9 punti (dal 19 al 10%) la tassazione per le aziende con un fatturato annuo inferiore ai 500 milioni di fiorini (1,7 milioni di euro) con effetto retroattivo al primo luglio e ha vietato i mutui in valuta straniera che hanno favorito il debito verso l’estero.
L’obiettivo dichiarato del secondo governo Orban (il primo è durato dal 1988 al 2002) è rompere con la subordinazione dei suoi predecessori ai mercati internazionali e ristabilire la sovranità economica. Linguaggio diretto e politicamente scorretto, il giusto tasso di eresia, il premier vuole mandare definitivamente alle ortiche l’ideologia che ha caratterizzato l’Ungheria dopo la caduta del regime comunista. Oggi il sogno ungherese, almeno a parole, è quello di tornare al potere sovrano, annebbiato negli ultimi otto anni dai governi socialisti-liberali. Il piano è tutt’altro che avveniristico: le istituzioni finanziarie create dallo Stato sono tutte dirette da uomini di fiducia di Orban e anche se le banche austriache o tedesche possono ricomprare delle banche ungheresi, nulla vieta il contrario. Il vero problema di questo progetto non è quello che gli rimproverano gli ambienti d’affari (solo apparentemente apolitici) o i dotti analisti progressisti, ma il rischio che, in caso di fallimento, Budapest si ritroverebbe in ginocchio. Ma il giovane Viktor, che ieri è finito nel tritacarne della protesta civile, non è nuovo a provvedimenti choc: basta pensare alla legge sulla cittadinanza ungherese concessa anche quanti vivono all’estero, a quella sull’assetto dei media, subito ribattezzata “bavaglio” dalle sentinelle della democrazia europea, e il varo della nuova Costituzione ungherese, in vigore dal 1 gennaio. Sarebbero centomila, secondo gli organizzatori, i manifestanti scesi in piazza ieri sera a Budapest contro il “tiranno provinciale e fuori dal tempo” e la Carta costituzionale che ha suscitato le critiche dell’Unione europea e, neanche a dirlo, del capo della diplomazia americana Hillary Clinton.

Gloria Sabbatini

mercoledì 4 gennaio 2012

"E' democrazia o dittatura?"


Ungheria, il mondo si interroga
"Sta facendo il giusto?"
e invece no, sui giornali la notizia esce così...

Ungheria, la Ue si interroga 
"E' democrazia o dittatura?"
La Commissione europea analizzerà a fondo le leggi costituzionali approvate dalla maggioranza che sostiene il governo di destra del premier Orbàn. Al centro delle polemiche soprattutto quella che mette in discussione l'indipendenza della Banca centrale

Ungheria, la Ue si interroga "E' democrazia o dittatura?" Centomila persone in piazza a Budapest contro la nuova Costituzione (afp)
BRUXELLES - L'Unione europea prende posizione sull'operato del governo di Budapest. E lo fa chiedendosi se in Ungheria ci sia "una democrazia o una dittatura". E' questo lo scopo dell'approfondita analisi da parte della Commissione europea delle leggi costituzionali approvate dalla maggioranza che sostiene l'esecutivo di destra guidato da Viktor Orbàn. Il processo, ha spiegato un portavoce di Bruxelles, può portare alla richiesta di multe in Corte di Giustizia.

Al centro delle polemiche e delle proteste (lunedì sera centomila persone hanno manifestato 1 contro il governo nel centro di Budapest) c'è l'insieme della nuova Costituzione magiara. L'Ue vuole valutare le sue conseguenze giuridiche su libertà di stampa e di religione, diritti delle donne, indipendenza della giustizia, competenze della Corte costituzionale ed altre questioni, come la legge elettorale. In particolare fa discutere la legge che minaccia l'indipendenza della Banca centrale. I negoziati su un eventuale aiuto finanziario da 15-20 miliardi di euro per stabilizzare il fiorino in pericolo potranno cominciarsi solo dopo un esito positivo di questa valutazione. Oggi il fiorino ha toccato il suo livello più basso rispetto all'euro a 319,70: negli ultimi mesi la valuta magiara ha perso il 20 per cento del suo valore.

Da parte sua, il governo di Orbàn ha fatto sapere di essere aperto alle consultazioni con l'Unione europea sulla questione: "Abbiamo inviato a Bruxelles il testo della legge. Se la Commissione troverà punti da discutere, noi siamo pronti", ha detto il portavoce Peter Szijjarto aggiungendo che Orbàn intende rispondere anche al segretario di stato americano Hillary Clinton che, in una lettera, ha ammonito recentemente Budapest a rispettare le regole democratiche.


Uno stato coraggioso, capace di alzare la testa, viene messo alla gogna. Ungheria, siamo al tuo fianco!

lunedì 2 gennaio 2012

Tutti a Firenze



Anche quest'anno un grande fiume tricolore sfilerà, composto e unito, per le strade di Firenze. Il ricordo dei martiri italiani, lanciato dalla destra politica, chiamerà a raccolta tutti quegli italiani che sentiranno forte il richiamo della Verità, del Ricordo, dell'Etica, dell'amor di Patria e della Giustizia.

Ricorderemo le decine di migliaia di innocenti che, per non rinnegare la propria italianità, furono massacrati a gettati vivi nelle cavità carsiche del confine orientale per mano dei partigiani comunisti di Tito. Ricorderemo le migliaia di esuli costretti alla fuga, umiliati, vessati e perseguitati dall'odio.

Metteremo simbolicamente fine a quel silenzio assordante che per decenni ha avvolto questa orribile pagina della nostra storia, con la copertura dei gendarmi dell'ideologia marxista. Onoreremo al meglio la "Giornata del Ricordo", istituita nel 2004 in memoria dei martiri delle foibe e dei 350.000 esuli istriani, giuliani e dalmati.

Saremo in piazza, insieme e senza simboli di partito, per rendere omaggio ai nostri martiri e costruire una coscienza di popolo viva e trasversale. Saremo in piazza per ricordare tutte le vittime del comunismo, nel nome della nostra identità nazionale. Ci saremo per porre fine all'odio e al rancore, per non dimenticare, per ribadire che non esistono morti di "serie b".

Saremo in piazza, con Giorgia Meloni e moltissimi altri ospiti, per una marcia silenziosa e tricolore, che si concluderà con le testimonianze e gli interventi di chi ha vissuto quell'immane tragedia e di chi, oggi, ha il compito di non farla passare sotto silenzio.


La coscienza di popolo è più forte della coscienza di classe.
L'identità nazionale è più forte di ogni dogma ideologico.
Il ricordo dei martiri è più forte dell'oblio dei carnefici.
L'amore per l'Italia è uno splendido atto di libertà.

SABATO 4 FEBBRAIO 2012
PIAZZA SAVONAROLA ORE 17
CORTEO IN RICORDO DEI MARTIRI DELLE FOIBE
con Giorgia Meloni

INFO: WWW.CASAGGI.ORG

FankaDeli - Hiába!