martedì 31 maggio 2011

Gayatri Mantra - Namasté


Lavoro è virtù


Roma, 20 mag. (TMNews) - Lavorare quanto a lungo si vuole e con tutte le ferie desiderate. Sembra una favola, invece è realtà nella fabbrica per macchinari Trumpf, guidata dalla signora Nicola Leibinger-Kammueller.
L’azienda del Baden-Wuerttember, in Germania, ha introdotto un sistema di orari flessibili, finora senza precedenti. Il modello - riporta la Bild - è il seguente: a partire dal primo luglio i dipendenti potranno scegliere un orario di lavoro compreso tra le 15 e le 40 ore settimanali, scelta che potrà essere modificata ogni due anni a seconda delle diverse fasi della vita dei lavoratori.
Inoltre i dipendenti possono accreditare fino a 1.000 ore di lavoro supplementari su un “conto ferie” personale che potranno poi utilizzare per ferie supplementari, ore di permesso o di formazione. Questo “conto ferie” consentirà ai dipendenti della Trumpf di godere di “giorni liberi”, dalle sei settimane fino ai sei mesi. Vi è anche la possibilità di prendere un anno sabbatico o lavorare per metà anno a mezzo stipendio ed essere in vacanza sempre a mezzo stipendio per i sei mesi successivi.
La pianificazione dei tempi di lavoro individuali significa per l’azienda un dispendio di energie supplementare, ma la Leibinger-Kammueller è convinta dei benefici a livello di rendimento e motivazione dei lavoratori.
La Trumpf è un’azienda leader nel campo dei macchinari laser ad alta precisione e conta 8.000 dipendenti in tutto il mondo, di cui 4.000 nella cittadina tedesca di Ditzingen. Ultimo dettaglio, precisa la Bild: la “responsabile” non possiede un cellulare e non è rintracciabile per nessuno nel suo tempo libero.

Il Sangue diverso


MILANO – Le Associazioni degli ex combattenti della Repubblica sociale di Salò potrebbero avere lo stesso riconoscimento dell’Anpi e delle altre associazioni ex combattentistiche, ricevendo anche contributi statali: l’apertura è prevista da una proposta di legge del Pdl al voto della commissione Difesa della Camera, su cui si è aperto uno scontro con le opposizioni.
CONTROLLI – La proposta di legge, che ha in Gregorio Fontana il primo firmatario, nasce dalla necessità di dotare le associazioni ex combattentistiche di una personalità giuridica, visto che tra l’altro ricevono dei fondi dal ministero della Difesa (tra il 2009 e il 2011 hanno ricevuto 1,5 milioni annui complessivamente). Il provvedimento stabilisce i requisiti perché queste associazioni ricevano il riconoscimento di Associazioni di interesse delle Forze Armate: tra i requisiti ci deve essere la loro apoliticità e che i loro statuti rispettino i principi di democrazia interna. I problemi cominciano perché la proposta assegna al Ministero un compito di vigilanza non solo sulla legittimità dei loro statuti, ma sulle attività stesse delle associazioni. E qui il centrosinistra vi ha visto la volontà di sottoporre a controllo l’Anpi, cioè l’Associazione nazionale partigiani.
LEGGIMAMENTE BELLIGERANTI – Ma l’elemento deflagrante è l’apertura al riconoscimento delle associazioni dei combattenti di Salò. Il testo infatti prevede che siano riconosciute dal ministero tutte le associazioni di ex «belligeranti», senza limitazioni di sorta. Il braccio di ferro si è protratto nelle scorse sedute della Commissione Difesa, allorché gli emendamenti delle opposizioni che correggevano questi elementi sono stati tutti bocciati. Per bloccare l’iter il Pd ha presentato una propria proposta, a prima firma Antonello Giacomelli, che è stato abbinato al testo Fontana. Questa proposta di legge prevede il riconoscimento solo per le associazioni di quanti sono stati «legittimamente belligeranti», il che escluderebbe i reduci della Repubblica sociale; in secondo luogo la vigilanza del Ministero non è sulle attività ma unicamente sullo statuto delle Associazioni; infine le Associazioni sono sotto l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica, per «sottrarle alla maggioranza di turno». «Capisco che qualcuno possa dire – commenta Giacomelli – che l’omissione della dicitura «legittimamente belligeranti» sia solo una dimenticanza, ma ultimamente queste coincidenza si moltiplicano: solo poche settimane fa era stata presentata proprio dal Pdl una proposta che abrogava il divieto di ricostituire il Partito fascista, ed oggi si strizza l’occhiolino ai reduci di Salò. Alla vigilia del 2 giugno è meglio mettere dei punti fermi».

domenica 29 maggio 2011

Scalfari e la Repubblica dei falsi poeti


Ho comprato l’ultimo libro di Euge­nio Scalfari. Avrei voluto scriverne bene per tante ragioni: per avviare in modo unilaterale e cavalleresco la civiltà del dialogo, per dimostrare che noi siamo signori, e a differenza loro leggiamo e re­censiamo le loro opere, e quando c’è ta­lento e bellezza per noi non conta di che parrocchia sei; per distinguere il polemi­sta dall’umanista e dire che i tempi ci di­vidono ma il pensiero vola più alto. Avrei voluto scriverne bene anche per il rispetto che ho già espresso verso un ve­nerando duca del giornalismo, gran di­rettore che ha inventato un quotidiano di successo. Ero stato invogliato al libro di Scalfari dal bel titolo saffico (Scuote l’anima mia eros, Einaudi) e dal coro di recensioni in sua gloria. Non tanto quelle prevedibili della Casa, La Repubblica e il gruppo annesso, ma dal Corriere della sera, i peana in tv, le marchette di Fazio, le seratone dedicate a lui, con resoconti salmodianti, i saloni del libro.
Man mano che leggevo però mi chiedevo: ma che roba è, cosa pretende di essere? Cenni di teologia e filosofia, letteratura e poesia, musica e autobiografia in una chiacchiera da sa-lotto (ah, il solito salotto snob che non avrei voluto citare ma qui c’è, in tutto il suo dorato vaniloquio). Una messa cantata a se stesso con un tono da Maestro di color che sanno. Né pathos né pensiero. Asserzioni dilettantesche del tutto infondate e inspiegate si alternano a ovvietà imbarazzanti. Cito a grappolo e a esempio: «Le mitologie, le religioni, le culture che hanno affrontato il tema degli istinti hanno avute tutte come motivazione profonda la ricerca dell’assoluto»; ma non è assolutamente vero, da Aristotele agli illuministi, dai positivisti a Schopenhauer e Nietzsche fino a Freud hanno trattato degli istinti senza ricercare l’Assoluto. Oppure: «Potere e tristezza sono i due elementi dominanti dell’epoca che stiamo vivendo »; ma davvero il potere «dominante» è una novità della nostra epoca? O la tesi che nessun poeta moderno «ha sentito Eros camminargli sul cuore», ad eccezione di Garcia Lorca: ma scherziamo? Da Leopardi e Foscolo al romanticismo inglese e tedesco, dalla poesia francese alle poetesse russe, dai decadenti ai crepuscolari fino agli ermetici sono fiumi di poesie moderne e contemporanee sull’amore. E Scalfari sostiene che la modernità ha messo in fuga Eros... E ancora, secondo Scalfari «la trasgressione è cara agli dei» quando invece tutta la mitologia è piena di punizioni divine, l’ hybris , la trasgressione. I trasgressori vengono dannati dagli dei all’inferno, ridotti a piante o animali, tormentati e maledetti... O sciocchezze del tipo: «La mistica cristiana vive un rapporto di coppia nel rapporto con Cristo». O errori elementari come quello sul triangolo amoroso: «Si tratta di un triangolo isoscele nel senso che pende più da una parte che dall'altra »: se è isoscele ha due lati e due angoli uguali, se pende più da una parte non è isoscele ma scaleno (scuola dell’obbligo). Apprendiamo poi che «nel Settecento la valutazione dell’interiorità è ancora allo stato nascente» (si vede che da Agostino a Pascal avevano solo scherzato). O la formidabile scoperta scalfariana «dell’istinto di sopravvivenza della specie»; l’aveva fatta un po’ prima di lui Schopenhauer, ma Scalfari qui ricorda una gag di Peppino De Filippo che inventava brani musicali già celebri da secoli. Scalfari poi ci spiega finalmente che l’Essere di Heidegger è nient’altro che eros, ma non «quello di Parmenide sempre simile a se stesso ma quello di Eraclito che si realizza in continuo divenire». A veder confuso l’essere con l’eros,e il suo pensiero parmenideo con Eraclito,Heidegger si sarebbe gettato nel Reno. O banalità del tipo: «A me sembra che la nostra vita sia dominata dall'istinto di sopravvivenza » (ma davvero?) «l’infanzia è l’innocenza» (ma dai), «sono innocenti gli animali perché vivono secondo la loro natura senza consapevolezza» (ma sul serio?). «La desideranza che ci pervade coincide con la vita. Desideriamo la vita perché sappiamo che moriremo» (ma non mi dire). «Trovo molto significative sia le parole del Getsemani sia quelle del Golgota» (ma no, in duemila anni nessuno aveva dato peso alle parole di Gesù). E poi citazioni dannunziane di tre pagine e insensate autocitazioni dal proprio romanzo ancora più lunghe. Per finire: «Se volete un gergo più filosofico: l’ente che io sono è stato colorato di Eros»; no, questo non è gergo filosofico, è solo tintura. Come definire la filosofia erotica di Scalfari? Direi sciampismo. Tanto sapone, nessuna sostanza. Pensiero ridotto a chioma; non psicologia ma tricologia. A questo punto meglio Luciano De Crescenzo che vuol dilettare con la filosofia e non ergersi a maestro. Non ho antipatia per Scalfari, anzi. E non ce l’ho con lui; ognuno, me compreso, ha un gran giudizio di se stesso. Lui confessa la sua boria e boriosamente la ribattezza «albagia», per nobilitare pure la presunzione. Ma capisco e rispetto comunque il gran giornalista e la sua età; anzi, all’inverso dalle mie intenzioni, dopo il libro ho rivalutato il giornalista rispetto all’umanista. Quel che non sopporto è questa repubblica delle lettere così falsa e così cortigiana che incensa senza leggere o legge senza il minimo senso critico. Ma possibile che nessun filosofo o scrittore, nessuna libera intelligenza, senta l’impulso onesto di indignarsi davanti a queste venerate imposture e insorga per restituire verità a persone, idee e autori? L’atroce domanda che poi sorge, che sconforta e consola al tempo stesso, è: quante opere acute e profonde dove si avverte il respiro della bellezza, il tormento dell’intelligenza e il soffio della vera cultura vengono negate e ignorate mentre si esaltano i palloni gonfiati? È quello che fa rabbia, non la canuta albagia di un distinto signore in età grave. 

di Marcello Veneziani

giovedì 26 maggio 2011

La moratti non sarà un gran sindaco ma...


Gli assassini del giova­ne militante del Fronte della Gioventù Sergio Ra­melli, il leader curdo della lotta separatista armata Abdullah Öcalan, gli auto­nomi dei centri sociali coinvolti negli scontri con la polizia e i genitori di Carlo Giuliani, il 23enne assassinato a Genova nel luglio del 2001 durante gli scontri del G8.
La carriera forense del can­didato sindaco del centro­sinistra Giuliano Pisapia è ricca di processi ad altissi­mo interesse politico.
Pisapia, avvocato penali­sta "di razza" (suo padre, uno dei più noti principi del foro negli anni Sessan­ta e Settanta, è stato l'auto­re del codice di procedura penale del 1989), è stato il legale di alcuni fra i più discussi imputati degli ul­timi vent'anni. Famoso nella aule di Pa­lazzo di Giustizia per le sue arringhe decise, per il garbo dei modi e per la forte dose di garantismo, ha saputo guadagnarsi il rispetto di tutti i suoi ex colleghi, anche di coloro che si trovavano a difende­re la controparte.
Impegnato in politica tra le fila di Rifondazione Co­munista fin da ragazzo, non ha mai perso l'occa­sione di difendere imputa­ti altrettanto politicamen­te schierati nelle aree di estrema sinistra. Processi delicati e contro­versi. Che, ancora oggi, si trascinano dietro strasci­chi di polemiche. Primo fra tutti, il caso Ramelli.

mercoledì 25 maggio 2011

Made in...

  

Negli ultimi anni la Cina ci ha abituato a recepire le più raccapriccianti notizie sulla qualità dei suoi prodotti. L’immissione anomala di questo Paese nel mercato mondiale ha rappresentato, sin dal primo momento, una grande contraddizione politica-economica. La sua capacità concorrenziale è data da parametri in disaccordo con la nostra produzione, ma anche con quelle che sono le normative che regolano la produttività nell’intero mondo occidentale. La loro prerogativa è, ed è sempre stata, la quantità. Immettere sul mercato enormi quantitativi di prodotti di ogni genere a bassissimo costo. D’altronde è proprio questa la legge della libera concorrenza. Ma privilegiare la quantità, per questa popolazione, ha significato limitarne la qualità. A quale prezzo? La fase iniziale della globalizzazione, la mancata accettazione da parte della Cina degli accordi di Kyoto che avrebbero dovuto limitare il fattore inquinamento da parte dei Paesi più industrializzati, ci aveva subito mostrato il carattere spregiudicato di questo Paese. La concorrenza cinese è stata subito spietata. Il primo passo è stato quello della contraffazione di griffes d’alta moda e marchi più o meno commerciali che ha creato senz’altro danni alle grandi aziende, quantomeno sul piano dell’immagine.

Contina la lettura su www.latestatanews.it/

L'Eur non farà la fine di Bolzano!


Si è tenuta questa mattina la conferenza stampa per presentare la proposta di legge per la valorizzazione e la difesa dei nuclei e delle città di fondazione. Latina, Sabaudia, Pomezia, Carbonia e tanti altri agglomerati urbani costruiti attorno agli anni 30, edificati per riqualificare il territorio, per rendere lo stesso omogeneo con l'identità mediterranea e le sue radici classiche. Costruzioni ignorante per decenni, fatte fuori dai libri di storia, denigrate dai salotti chic che trovavarono in esse solo l'espressione di un epoca politica.
Queste città hanno rappresentato e rappresentano un vanto  per l'Italia, un valore che, nonostante tutto, viene invidiato nel mondo.
Una proposta di legge vuole ufficializzare la protezione e la difesa di quei marmi che rappresentano le ossa della nostra patria millenaria. L' EUR non farà la fine dei monumenti di Bolzano.



(AGENPARL) - Roma, 25 mag - Una proposta di legge volta al recupero e alla valorizzazione delle città e dei nuclei di fondazione in Italia. E' stata presentata oggi, in conferenza stampa alla Camera, dal primo firmatario Fabio Rampelli (Pdl), dal deputato romano Pdl, Marco Marsilio e dal Sottosegretario di Stato ai Beni e alle Attività Culturali, Francesco Maria Giro.
Le città di fondazione sono nuclei urbani nati non spontaneamente, ma sulla base di un preciso progetto urbanistico e costruiti nella parte fondamentale, 'nucleo di fondazione', con una precisa conformazione geometrica. Queste città sono sorte a prtire dagli anni Venti e Trenta del Novecento, e rappresentano, a detta dello stesso Sottosegretario, il periodo più significativo dell'architettura italiana, ricordata appunto come 'Architettura Nazionalista'. Manca, però, in Italia una precisa normativa che ne tuteli e ne vincoli la gestione, stando a quanto riferito dall'on. Rampelli, ed è proprio su questo punto che il provvedimento intende intervenire: promuovere il recupero e la valorizzazione delle città di fondazione. Ruolo centrale per il Ministero per i Beni e le Attività culturali che, grazie al provedimmento, potrà acquisire più froza nel tutelare il nostro patrimonio architettonico e paesaggistico, vincolando, in un certo senso, gli enti territoriali che, allo stesso tempo, si sentiranno investiti da più responsabilità nella gestione del territorio di competenza.

Quale civiltà...


(ANSA) - NEW DELHI, 24 MAG - Fino a 12 milioni di bimbe sono state eliminate prima della nascita dagli aborti selettivi in India negli ultimi tre decenni.
Lo rivela uno studio pubblicato online dalla rivista scientifica Lancet. Secondo gli esperti, la "strage silenziosa" dei feti di sesso femminile interessa anche la nuova classe emergente urbana e sta causando un crescente squilibrio demografico con enormi conseguenze dal punto di vista dell'ordine sociale.

Cosa c'è dietro l'omicidio di Enzao Fragalà


A poche settimane dall’intervista a Livesicilia di Paolo Guzzanti, riportiamo le dichiarazioni che Luciano Randazzo, avvocato, ci ha rilasciato sul mistero dell’omicidio Fragalà. Grande amico del penalista palermitano, Randazzo ha avuto da Fragalà un valido aiuto ai tempi in cui rappresentava la difesa della famiglia dei fratelli Mattei, bruciati vivi nella loro casa in una notte del 1973.
Ha avuto contatti con Fragalà negli ultimi mesi della sua vita?
“L’ultimo ricordo che ho di Enzo Fragalà risale al 2010, durante la presentazione del libro “BR esoteriche” di Ruggero Capone, quando entrambi venimmo invitati a parlare a Palazzo Ferraioli. Ricordo che stava bene, era tranquillo, ci appartammo un attimo come tra buoni amici avvocati. Parlammo, mi disse solo di avere qualche dispiacere a causa della mancata ricandidatura, ma alla fine non gli interessava più nulla, dal momento che già ricopriva l’incarico di Consigliere Comunale a Palermo”.
Nel periodo in cui lei rappresentava in tribunale la famiglia Mattei, Fragalà si interessò parecchio del caso.
“Fragalà mi aiutò tantissimo, e in quanto vicepresidente della commissione Mitrokhin mi fornì delle eccezionali documentazioni che io ho ritualmente depositato alla Procura della Repubblica di Roma, presso l’ufficio del pubblico ministero Monteleone, che allora si occupava di questo caso. Mi mandò atti, documenti, fatti, circostanze, molto dettagliate in merito al “Rogo di Primavalle” che seguivo in quel periodo in quanto legale della famiglia Mattei. Ci incontrammo nel suo ufficio in piazza San Silvestro e d’un tratto mi ritrovai per le mani delle piste investigative eccezionali. Per questo motivo venni anche convocato in Procura come persona informata dei fatti, da parte dell’attuale pm Tescaroli”.
Ci può sintetizzare queste piste investigative?
“In sostanza le piste riguardavano certe dichiarazioni che aveva reso un agente infiltrato, dell’ufficio affari riservati, all’interno di Potere Operaio, e riguardanti gli attentati precedenti il rogo. Prima di questo, infatti vi erano stati già diversi attentati, tra cui uno ai danni di un tabaccaio, a testimonianza che Primavalle non è fatto isolato ma è la fine di prodromi che avvengono precedentemente e dove nessuno ha indagato. Se lei va a verificare non esiste nessuna indagine nei confronti del tabaccaio al quale hanno bruciato il negozio”.
Per cosa è stato ucciso?
“Alla fine il povero Enzo Fragalà è stato ucciso, e non credo assolutamente, conoscendolo, da un suo cliente insoddisfatto, come ha sostenuto un certo percorso investigativo palermitano. Concordo in pieno con la chiave di lettura offerta da Guzzanti. Enzo era depositario di tanti segreti, dei più grossi segreti. Perché viene ucciso? Perché viene lasciato solo. Non aveva neppure la scorta, oggi pure l’ultimo deputato pluripregiudicato va in giro con le auto blu. Credo che Enzo avesse trovato il Grande Vecchio, a almeno c’era arrivato vicino, il burattinaio delle Brigate Rosse e i segreti delle infiltrazioni del KGB in Italia. Qualcuno ha ritenuto opportuno chiudere la partita”.
Cioè?
“Parliamoci chiaro, Achille Lollo, uno degli esecutori materiali del Rogo, sparisce aiutato dai servizi segreti e dall’apparato occulto del PCI. Grillo poi, altro corresponsabile, era fratello di un alto ufficiale dei carabinieri. Le faccio un nome: un certo Cicalini, era un comunista della prima ora, un ex partigiano che faceva parte di questo apparato clandestino del PCI. Costui aveva un ufficio a Botteghe Oscure e si occupava di far espatriare i terroristi non solo durante gli anni ‘50, ma anche alla fine degli anni ‘70 la struttura appare ancora operativa, tanto che Lollo Grillo e Clavo fuggono, vanno prima in Svezia, poi in Angola, dove Lollo diventa sergente maggiore dell’Esercito di Liberazione Angolana. E in quel periodo, nonostante fosse latitante e indagato per strage, diventa corrispondente della Rai. È Enzo a dirmi tutto questo. Il paradosso è che io sono stato sottoposto a due procedimenti penali per calunnia nei confronti di Morucci, Pace e Piperno, Lollo invece viene convocato quest’anno in Procura da uomo libero perché il reato è ormai caduto in prescrizione, e si avvale della facoltà di non rispondere, nessun procuratore della Repubblica ha mai spiccato ordini di custodia cautelare nei suoi confronti. Il fatto è che quegli anni devono essere cancellati, ma dall’altro devono essere ricordati a seconda delle circostanze”.
D’accordo, ma senza documenti restano solo parole.
“Mi lasci due giorni e le fornirò alcuni documenti ottenuti da Fragalà e riconducibili all’apparato segreto del vecchio PCI, che provvedeva alle procedure di espatriazione”.

martedì 24 maggio 2011

Più in alto


Non è importante quale altitudine si raggiunge, che tipo di roccia si cala, quanto si suda per raggiungere la vetta. E' importante come si arriva e dove si vuole arrivare. La montagna è la nostra vita. Un'ascesa che tende a raggiungere il picco che sia esso inteso come massima presenza e coscienza di sè.
In vetta si raggiunge e si supera se stessi.
Questo è la montagna.

giovedì 5 maggio 2011

Arma la Gioia!

MILANO - Altro che crisi di mezza età. Oggi già a 20 o 30 anni si cominciano a fare i conti con una miriade di scelte di vita che scatenano un autentico panico e mandano in cortocircuito tutte le nostre sicurezze. Risultato: ansia da prestazione (professionale), senso di soffocamento (che sia per un lavoro o per un matrimonio che non piacciono più) e, nei casi più gravi, perfino depressione.
LA CRISI DEL QUARTO DI VITA - Insomma, tutti i sintomi classici del disagio tipico dei 40-50enni e che, non a caso, gli esperti della Greenwich University, con a capo il dottor Oliver Robinson, hanno definito“crisi del quarto di vita”: un fenomeno che è assai più comune di quanto si potrebbe pensare. «Adesso si è molto più liberi di fare dei cambiamenti all’inizio dell’età adulta rispetto a quanto succedeva in passato – ha spiegato il ricercatore all’annuale conferenza della British Psychological Society – perché c’è una maggior fluidità nel mondo 
del lavoro, nel matrimonio o nelle alternative allo stesso. E questa fluidità fa sì che i grandi cambiamenti della vita siano più accettabili. Nel passato, se cambiamento doveva esserci, questo avveniva nel periodo della mezza età. Oggi, invece, si va in crisi molto prima e le cause sono da individuare nella ricerca frenetica di un lavoro, nella necessità di fare soldi e avere successo in fretta e nell’ansia di voler soddisfare le aspettative dei genitori». 

TUTTO E SUBITO - In altre parole, i giovani di oggi vogliono tutto e subito, non accontentandosi più di una vita mediocre e convenzionale e l’idea di “poter ricominciare daccapo” dà loro un senso di libertà, come hanno confermato le 50 persone fra i 25 e i 35 anni intervistate da Robinson per la sua ricerca. Ma c’è una buona notizia: coloro, infatti, che hanno sofferto della “crisi del quarto di vita” non patiranno poi le ansie e le inquietudini della mezza età, perché le loro scelte di vita “post crisi” sono assolutamente più sane di quelle fatte in precedenza e che li avevano mandati in tilt. «Oggi, i 20enni possono fare almeno cinque lavori prima di arrivare ai 35 anni – ha detto al Daily Mail il professor Cary Cooper, psicologo della Lancaster University – ma tutte queste possibilità di scelta rischiano di renderli insicuri. Solo coloro che hanno un’attitudine imprenditoriale e sono più flessibili riescono ad emergere, mentre gli altri vanno in difficoltà».

Mio fratello è Bobby Sands e ora dorme tra le stelle