mercoledì 20 aprile 2011

Bruciamo la strega!



ROMA - ''L'Italia e' una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla centralita' del Parlamento quale titolare supremo della rappresentanza politica della volonta' popolare espressa mediante procedimento elettorale''. E' il testo dell'unico articolo di una proposta di legge costituzionale presentata alla Camera dal deputato del Pdl Remigio Ceroni.
Il testo mira a modificare, sostituendolo, l'articolo 1 della Costituzione ed e' stato presentato a Montecitorio nei giorni scorsi. L'atto, che ha il numero 4292 ma non e' ancora stato pubblicato, stabilirebbe di fatto una gerarchia tra i poteri dello Stato, si intitola ''Modifica dell'articolo 1 della Costituzione, concernente la centralita' del Parlamento nel sistema istituzionale della Repubblica''.
Centralita', si sottolinea nella relazione che lo accompagna, che non hanno ne' il governo, ne' la Consulta, e neanche il presidente della Repubblica.
''La mia e' una proposta di legge fatta a titolo personale. Non ne ho parlato con Berlusconi ne' con altri dirigenti del Pdl. Ho fatto alcune riflessioni in questo periodo ed a mio avviso credo che vada riaffermata la centralita' del Parlamento'' spiega Ceroni.
Per l'esponente del Pdl quello che e' da evitare e' ''il nascere e svilupparsi di un'eversione e soprattutto il sopravvento di poteri non eletti dal popolo e privi di rappresentanza politica''. Ecco perche', sottolinea ancora il deputato del Popolo ella Liberta' ''e'necessario'' riaffermare ''nel primo articolo della Costituzione la centralita' del Parlamento''.

LUPI, DISCUTIAMO DI COSE PIU' SERIE - ''Si tratta di un'iniziativa personale, credo che in Parlamento di iniziative di singoli parlamentari ce ne siano oltre 15.000, se dovessimo aprire un dibattito su ognuna non ne usciremmo piu'. Quella di Ceroni e' appunto un'iniziativa personale, pensiamo a discutere di cose piu' serie''. Cosi' il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, arrivando a Palazzo Grazioli, commenta la proposta di legge del deputato del Pdl Remigio Ceroni, di modificare l'articolo 1 della Costituzione.
IDV: ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE - ''Dal Pdl arriva un vero e proprio attentato alla Costituzione. La proposta di legge che e' stata presentata per modificare l'articolo 1 della Costituzione e' eversiva e tende a modificare il sistema di pesi e contrappesi fra i poteri dello Stato stabilito dai padri costituenti. Vogliono la dittatura della maggioranza, ledere l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, attaccare la funzione della Corte Costituzionale e le prerogative del Capo dello Stato. Sarebbe uno stravolgimento della forma repubblicana della nostra Carta''. E' quanto afferma il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando. ''Come recita l'articolo 1 - sostiene Orlando - la sovranita' appartiene al Popolo e non al dittatore del bunga bunga''. ''Faremo le barricate per difendere i principi cardine della Carta e ci appelliamo al presidente della Repubblica, supremo garante della Costituzione, affinche' ne difenda i principi fondamentali che sono oggetto delle mire eversive di questo governo''.
BONELLI, E' ATTACCO A NAPOLITANO E COSTITUZIONE - ''Quello del PDL e' un attacco inaudito e senza precedenti alla Costituzione ed al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano''. Lo dichiara il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli nel commentare la proposta di legge costituzionale di Remigio Ceroni , del Popolo della liberta', che punta a modificare l'articolo 1 della Costituzione indicando la centralita' del Parlamento rispetto a tutte le altre cariche istuzionali. ''Ormai siamo alle prove tecniche di autoritarismo ed al tentativo di una svolta autoritaria degno dei regimi dove la democrazia viene calpestata: lo scontro perenne tra poteri dello stato cercato da Berlusconi non fa altro che alimentare la tensione nel nostro Paese''.

martedì 19 aprile 2011

L'Europa che non cede!


BERLINO - Dio e Patria, l'orgoglio della nazione etnica magiara, lo Stato definito nella sua essenza nazionale, etnica, non più come Repubblica, meno poteri alla Consulta, più poteri dell'esecutivo su magistratura e media. Sembrano gli anni Venti e Trenta dell'Europa autoritaria, invece è la nuova Costituzione di un paese presidente di turno dell'Unione europea e membro della Nato. E la Ue, che (quando Haider a Vienna andò al governo senza però cambiare alcuna legge) varò sanzioni contro l'Austria, oggi tace. Con la nuova legge fondamentale, approvata ieri dal Parlamento ungherese per volontà del premier Viktor Orban, l'Europa si allontana dai valori costitutivi dello Stato di diritto.

"È un testo anche esteticamente molto bello", ha detto Orban in toni dannunziani. "I tempi in cui l'ungheresità era schiacciata sono ora passati con questa identificazione di fede nazionale", ha aggiunto: insomma, popolo eletto, superiore. Il suo partito, la Fidesz, insieme ai democristiani-nazionali (il piccolo alleato) ha avuto gioco facile: ha la maggioranza di due terzi. Per protesta, le sinistre hanno abbandonato l'aula. Allarme nel mondo: il governo Merkel si è detto preoccupato. E il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha evocato le inquietudini invitando l'Ungheria a "chiedere consiglio all'Onu e alla Ue".

"Intolleranza, nazionalismo, passi che ricordano la retorica fascista", denunciava ieri la Sueddeutsche Zeitung. La nuova Costituzione sostituisce quella del 1949, 
più volte emendata dopo la svolta democratica del 1989 - non chiama più Repubblica il nuovo Stato: identifica la nazione politica con la nazione etnica, e con le radici cristiane. In barba ad atei e laici, ebrei e rom. Fede, culto della corona di Santo Stefano, cioè il simbolo nazionale che fu poi strumentalizzato dai regimi di Horty e di Szalasi, alleati di Hitler fino all'ultimo, silenzio su quei decenni di crimini, orgoglio nazionale come valore costitutivo. Famiglia e Chiesa, difesa del feto come priorità. Niente menzioni dei diritti delle minoranze, ebrei, rom o gay.

Diritto di voto ai cittadini dei paesi vicini di origine ungherese, una provocazione agli occhi di Slovacchia, Romania, Serbia, Ucraina. La Corte costituzionale vede duramente ridotte le sue competenze specie in materia economica e sociale. La Nmhh, l'autorità di controllo dei media istituita con la famigerata "legge-bavaglio", ha il suo ruolo iscritto nella carta fondamentale. I suoi capi e i dirigenti statali saranno scelti dal governo per 9 o 12 anni. Un consiglio speciale della Banca nazionale, nominato dal premier, avrà diritto di veto sui temi di Bilancio. "Orban vuole istituzionalizzare la dittatura", ha detto il leader socialista Attila Mesterhazy.

domenica 17 aprile 2011

Cina: assedio al monastero tibetano di Kirti



Il prossimo 27 aprile si saprà chi sarà eletto per i prossimi cinque anni “kalon tripa” (primo ministro) del Governo tibetano, ma intanto continua ad aggravarsi la situazione deimonaci tibetani assediati nel monastero di Kirti - ormai dal primo aprile - da un reggimento di soldati speciali cinesi.
2500 lama che vivono nella città-monastero di Kirti, situato nella provincia del Sichuan, dove – ricordiamo- lo scorso mese un monaco si diede fuoco in concomitanza del terzo anniversario dalle rivolte antigovernative avvenute nella zona, hanno l'obbligo di non uscire e nessuno può incontrarli.
A diffondere la notizia il gruppo filo-tibetano International Campaign for Tibet; secondo l'Ict il 12 aprile civili tibetani dei vicini villaggi si sono recati al monastero nel tentativo di impedire che i monaci tra i 18 e i 40 anni di età fossero prelevati per un periodo di “rieducazione attraverso il lavoro”.
Da giorni ormai un gruppo di poliziotti armati e unità cinofile stanno bloccando all'interno del monastero i monaci,  scagliandosi anche contro i residenti che si erano riuniti davanti alla struttura tentando di impedire l'accesso delle forze dell'ordine dentro il monastero.
L'associazione International Campaign for Tibet, inoltre, ha fatto sapere che alcune persone hanno subito ''ferite gravi''durante gli scontri senza però fornire dettagli sul numero dei laici coinvolti. Il gruppo, citando alcuni testimoni, ha spiegato che la polizia ha intenzione di catturare i 2 mila monaci all'interno di Kirti, ora protetto dal filo spinato, per imprigionarli in un sito segreto.
Dalla testimonianza di Kirti Rinpoche, un lama del monastero che vive in esilio in India, “soldati armati in collaborazione con funzionari governativi stanno conducendo un brutale attacco contro il monastero privando i monaci di tutte le libertà e riducendoli alla disperazione”.

SERENA GUERRERA

Vittoria!



Onorevole oggi le metto due, non ha stu­diato. Ma professoressa, avevo voto di fi­ducia alla Camera. Non sarà un dialogo irrea­le se passerà il disegno di legge della ministra della Gioventù Giorgia Meloni a diciott’anni si potrà essere non solo elettori ma anche elet­ti in Parlamento. A me sembra una botta di vita,forse un po’ folle ma salutare.In un Pae­se di vecchioni, dove a 50 anni ti chiamano ancora ragazzo e dove le carriere sono anchi­­losate, le poltrone antichizzate e le chiappe putrefatte, fa piacere immaginare in Parla­mento una scolaresca di ragazzi non in gita ma in gruppo parlamentare. Una Camera di donne e ragazzi, via le auto blu, al più i vespi­ni blu. Anche se ragazzi erano pure Andreotti e Colombo, Veltroni e Casini quando entra­rono in politica, ma poi non uscirono più…
Certo, non sarà un rimedio per l’occupazio­ne giovanile, anche perché sarebbero pochi i ragazzi a entrare in Camera: magari ogni par­tito avrebbe la sua mascotte, ma uno e basta. Se qualcuno pensa che con i ragazzi il Parla­mento possa perdere contegno, tra toni risso­si, cori da stadio e tifo da curva sud, si rassicu­ri: è già così, con deputati in età senile. Insomma, ben venga l’onorevole baby se serve a svegliare, svecchiare, scuotere la poli­tica e i suoi palazzi. La ministra Meloni viene dalla militanza di piazza e di sezione, è picco­la e cazzuta, ha l’aspetto di un puffo o come si dice a Roma di un fregnobuffo. Non ha fre­quentato Arcore, nessuno sospettò di lei tra le ministre presunte hardcore; lei sa fare i co­mizi di una volta, core e camicia e magari pu­re ci crede… Guida la Giovane Italia, la vedi così piccola con gli occhioni azzurri grandi e spalancati come un hobbit e ti sembra il mini­stro per l’infanzia; al consiglio dei ministri avrà il seggiolone.
È cresciuta a cofane di ama­triciana e camerati, parla un romanesco un po’ coatto de borgata.Però ha le manine puli­te, e non solo perché ha un ministero senza portafogli.È una vecchia militante,e dire vec­chia sembra un po’ ridicolo con quel fisichet­to lì. Qualcosa dei manifesti che attaccava ai muri le è rimasto.Non lacolla,s’intende,ma le passioni ideali. Viva la camera dei ragazzi.
 di Marcello Venezian

sabato 16 aprile 2011

Un fuoco che non si è mai spento



«Sono 38 anni che non c’è giustizia. Eppure dobbiamo conoscere a Giampaolo Mattei il valore delle sue iniziative per chiedere giustizia e della sua fondazione. Hanno un valore enorme sulla memoria e la nostra intenzione è costruire dei viaggi della memoria nei luoghi degli anni ’70 e ’80 in città come Roma e Milano».
È quanto affermato dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno che questa mattina, insieme al ministro della gioventù Giorgia Meloni e al presidente del XIX municipio, Alfredo Milioni, ha deposto delle corone di fiori sotto le finestre del condominio di Primavalle dove 38 anni fa morirono nel rogo della propria abitazione, scoppiato in seguito ad un attentato di matrice politica, Virgilio e Stefano Mattei i due figli di Mario, allora segretario di sezione del Msi. Il sindaco ha poi affermato riccolegandosi all’attualità: «Anche oggi quando accadono episodi di violenza politica o sospettati come tali bisogna tenere viva la coscienza dei giovani».
In merito alle inchieste degli omicidi politici avvenuti negli anni di piombo il primo cittadino ha dichiarato: «Alcune inchieste sono state riaperte ma nessun risultato concreto è stato ottenuto, ma non bisogna mollare perché sono convinto che le occasioni per far emergere la verità ci sono ancora come è accaduto per alcune vicende della Seconda Guerra Mondiale». (omniroma)

venerdì 15 aprile 2011

Afghanistan quanto sei vicino...



“Kaffir” è il titolo che Andrea Marrone, scrittore di origine comasca, ha scelto per il suo romanzo sui militari in Afghanistan. Infedele, questo il significato di Kaffir in pashtu, uno dei dialetti della lingua afgana. Infedele per loro è colui che non crede in Allah, un infedele dell’Islam quindi, come gli italiani e tutti gli stranieri impegnati in missioni di pace nella loro terra. Considerare questi ragazzi dei kaffir, mette immediatamente a luce l’ostilità che questa popolazione prova verso l’occupazione del loro territorio. Territorio in balia di Al Qaeda e dei Talebani, dai quali gli afgani vorrebbero difendersi da soli, pur essendo perfettamente consapevoli di non esserne in grado. E allora arrivano gli italiani, gli americani, arriva la Nato per difendere questo popolo dalle insidie degli uomini di Bin Laden. Per questo devono imparare a fidarsi, ad accettare il loro aiuto e in alcuni casi, perché no, anche a chiederlo. Ed è proprio sull’amore-odio fra esercito italiano e popolo afgano che Andrea Marrone getta le fondamenta di “Kaffir”. Fiducia, bisogno, riconoscenza, che nascono dalla volontà, dalla forza d’animo e soprattutto dall’ideale che spinge i nostri ragazzi a scegliere questa vita. Sono proprio loro i protagonisti di questo romanzo: i ragazzi dell’esercito italiano, che attraverso l’esperienza di Giacomo Gabbro, protagonista della storia, vogliono mostrarci la loro verità. Spesso si parla di loro in maniera sbagliata, superficiale, si ignora ciò che realmente spinge questi giovani ventenni ad intraprendere una carriera così dura e rischiosa. Ragazzi che si arruolano volontariamente nell’esercito e che per grandi capacità e forti motivazioni, entrano a far parte di corpi speciali, con la possibilità di essere protagonisti della ricostruzione di una civiltà straniera, in nome del popolo italiano rappresentato oltre confine, e in nome di una giustizia e di una libertà che li spinge ad indossare quella divisa. E Andrea Marrone scrive Kaffir col chiaro intento di mostrare ai suoi lettori, ciò che di questi giovani, non si conosce o non si vuole conoscere.
Marrone è stato militare di leva nella Folgore ed è proprio dall’incontro “con un amico vero, un amico con cui ho diviso sudore, notti insonni….”, che nasce l’idea del libro. L’incontro, ma soprattutto il confronto che il nostro scrittore ha avuto con alcuni militari della Folgore, ha suscitato in lui il desiderio di raccontare, attraverso un romanzo, spaccati di vita quotidiana, di una quotidianità a noi ignota, lontana. E lo fa attraverso le vicende che accompagnano il caporale Giacomo Gabbro nella sua prima missione all’estero. Giacomo, personaggio di fantasia ma così realmente vero, è un paracadutista della Folgore giunto in Afghanistan senza esperienze precedenti, ma con una grande volontà e temerarietà. Ha paura, come tutti i comuni mortali, ma la motivazione è più forte di ogni brutto pensiero, di ogni parola dei suoi cari che cerchi di convincerlo a non andare. L’amore per quella divisa è più forte anche di quello per Arianna, la donna amata che non comprende la sua scelta e, impaurita da quello che potrebbe succedere e che potrebbe investirla, decide di tirarsi indietro, di lasciare Giacomo proprio alla vigilia della partenza. Andrea Marrone è bravo a farci vivere in prima persona i sentimenti di Giacomo, come degli altri protagonisti, senza mai scendere in sentimentalismi. L’arrivo in Afghanistan di Giacomo è intriso di emozione, di tensione, ma mai di incertezza. Alla base Carpi il caporale Gabbro diventa subito uno di loro, non ci sono sospetti, dubbi, antipatie, ma una grande “solidarietà e cameratismo”. Giacomo risulta subito simpatico agli altri con quella sua aria assorta, pensierosa. E’ un ragazzo sensibile, amante della cultura classica, un idealista puro. Gli viene regalato una sorta di vocabolario italiano-afgano e inizia a studiare il pashtu, imparando in breve anche a parlarlo, mettendo in mostra il suo accoglimento verso il prossimo e le sue diversità. Giacomo crede nella missione in Afghanistan, è fermo nel voler far capire a queste persone che non tutti i feringhi ( così chiamati gli stranieri nel libro) vengono per nuocere. E lo fa non appena ne ha la possibilità. Lo fa stringendo, quella che alla fine si potrà senz’altro chiamare un’amicizia, con un anziano di un villaggio non troppo lontano dalla base. Il saaquib e gli altri anziani hanno delle remore verso il caporale Gabbro, ma soprattutto verso la sua divisa e ciò che rappresenta. Gli afgani sono un popolo di guerrieri ma dopo l’occupazione sovietica e la lunga guerra, non subiscono più il fascino delle divise. Ma Giacomo riesce a conquistarli, a portarli dalla sua parte, a far accettare loro l’aiuto dell’esercito italiano. E lo fa trasmettendo a questa gente la sua verità, la sua reale solidarietà, la sua sincera speranza di pace per questo popolo. Il capitano Freddi, il caporalmaggiore Santi, il tenente Mugnaini sono tutti orgogliosi di questo ragazzo dal grande “spirito di iniziativa”, perché “è un paracadutista, ….uno di noi”. E’ con questa frase così ricca di significato, di spirito di appartenenza che Andrea Marrone chiude il suo romanzo. Un manoscritto di spessore, ricco di emozione, di valori, di quel rispetto per gli altri e di quel senso di comunità e di gruppo, che oggi, non riscontriamo quasi più in una società dove impera l’egoismo e l’egocentrismo. Ed è per questo che consigliamo la lettura di Kaffir, affinchè come scrive lo stesso Marrone si impari “ a distinguere l’allora dall’oro”.


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Per un'idea



Non crediamo che non esistano patrie, identità e popoli diversi. Non crediamo nell'uguaglianza della stirpe umana e nella pace forzata, ma crediamo che esistano uomini pronti a dare tutto per la propria idea, per una bandiera, per la libertà.
Vittorio molto probabilmente non avrebbe voluto un articolo scritto da noi, per apprezzare il suo impegno e la sua lotta, non avrebbe voluto la nostra solidarietà e forse neanche il nostro ricordo, ne prendiamo atto e ci limitiamo solo a raccoglierne l'esempio, quello di un uomo ucciso per il suo impegno e per l'amore per una patria lontana. Vittorio Arrigoni... figlio d'Italia strappato alla vita.

mercoledì 6 aprile 2011

Per andare dove?



Liberta' di andare dove? Di fare cosa?
Libertà di fuggire da una tragedia all'altra, dal torrido caldo della povertà alla mite schiavitù italiana.
Lasciare famiglia, futuro e tradizioni per la tremenda certezza di dormire sulla strada